6.5
- Band: CHAOS ECHOES
- Durata: 01:00:50
- Disponibile dal: 20/04/2015
- Etichetta:
- Nuclear War Now
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Da parte di un manipolo di musicisti con molta gavetta alle spalle, giunge dalla Francia una nuova creatura estremista lontana dai normali canoni vigenti. Trattasi dell’esordio dei Chaos Echœs, in uscita per l’intransigente Nuclear War Now!, che con questo lavoro pare un attimo affrancarsi dal canovaccio di “bestialità e lordura” su cui si basa buona parte del suo roster. Prendendo come spunto ideologico la scena transalpina più ricca di inventiva e avanguardista (Blut Aus Nord e Deathspell Omega, per intenderci) i quattro musicisti qui all’opera hanno confezionato un debutto pieno di ottimi input, persino eccessivi nel numero e nelle ramificazioni rispetto alle possibilità espressive odierne. Ascoltando “Transient” percepiamo aneliti rivoluzionari molto marcati, la volontà di espandere i confini del metal estremo e di ricavarne nuovi di tipi di essenza, in parte sviscerando le normali emozioni associabili a questo ambito sonoro (terrore, ansia, pessimismo, violenza), in parte allargandosi a suoni enigmatici e sperimentali, con note prive di un’identità immediatamente identificabile e puro astrattismo accostabile solamente alle musiche da colonna sonora o al terrorismo allucinato dei migliori (o peggiori, a seconda dei punti di vista) Swans. Ci sono molti punti di vista possibili per “Transient”, e a seconda del metro di valutazione che sceglierete potreste odiare completamente quest’album, oppure finire per adorarlo. Se l’idea è quella di ascoltare un lotto di “canzoni”, per quanto umorali, vaste, congegnate per svelarsi un poco alla volta, intelligibili solo con molta pazienza, il consiglio è semplice: lasciate perdere e dedicatevi ad altro. Il mix di doom, ambient, noise, death, black metal e industrial assume connotati deformi, usi a mutamenti paradossali; si sgretola e precipita, cambiando stato fisico incessantemente, illogico e perverso, tramite passaggi apparentemente slegati tra loro e a tratti fastidiosi per la mancanza di appigli concessi all’ascoltatore. L’instabilità dell’insieme, unita a un utilizzo molto parsimonioso delle voci – un peccato, perché le linee vocali inserite sono piuttosto originali e cariche di pathos –rende la matassa sonora un flusso liquido, incostante, dove grumi di rocciose ritmiche chitarristiche di matrice death si stagliano fra rumori, effetti, arie angoscianti, grotteschi paesaggi desolati. Aride pianure di suono vilipeso e svuotato di vita si contrappongono a impennate ruvide e sgraziate, seppur emananti un certo rigore, una disciplina intrinseca che non fa scadere queste parti più serrate in un compulsivo sfogo irrazionale. I tintinnii dei piatti e l’uso dell’archetto per colpire le corde della chitarra aprono squarci di nulla paurosi, buchi neri inghiottenti quel poco di logica “metal” emanata dalle partiture più regolari e ritmicamente “dritte”. La tracklist vede contrapporsi segmenti dagli sviluppi più razionali, come nel caso di “Senses Of The Nonexistent” e “Kyôrakushugi”, ed altri (i capitoli denominati “Interzone…”) aperti a contaminazioni, liberi di essere sfregiati da ogni sorta di intervento strumentale, e pazienza se la coesione intrinseca va a farsi benedire e l’incedere delle composizioni diventa frammentario, comprensibile – con difficoltà – solo guardando al quadro complessivo. Ecco, se si riesce a vedere il disegno più ampio, a considerare il disco nella sua interezza quale una maxi suite di un’ora e spiccioli di durata, il discorso cambia. E si arriva a riconoscere del genio ai Chaos Echœs, a intravederne il talento visionario – termine abusato, ce ne rendiamo conto, ma non ci viene in mente altro – che sa vedere nessi e ponti là dove la maggior parte delle persone vede solo caos indistinto. Una produzione un po’ “mansueta” non fa lievitare oltremisura le qualità del quartetto, e pur con tutta la buona volontà del mondo alcune parti sono davvero ridondanti e poco funzionali. Però questo è uno di quei casi dove s’intuisce un grosso potenziale dietro ad alcuni errori dettati dal voler compiere il classico passo più lungo della gamba: se dovessero aprirsi leggermente a un modo di godere la musica più umano e carnale, mettendoci lo stesso impeto dei live – dove la miscela dei francesi acquisisce molti punti a favore – a breve potremmo trovarci di fronte a un vero e proprio capolavoro a firma Chaos Echœs.