8.0
- Band: CHELSEA WOLFE
- Durata: 00:42:56
- Disponibile dal: 09/02/2024
- Etichetta:
- Loma Vista Recordings
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Da sempre Chelsea Wolfe è un personaggio difficilmente catalogabile: la sua musica può essere descritta con diverse etichette, tra cui gothic rock, darkwave, dark folk, cantautorato, talvolta con sconfinamenti nello sludge e nel doom, ma il filo conduttore di questo percorso estremamente individuale è rappresentato da una certa vena oscura, che è anche il motivo della sua popolarità tra gli appassionati di metal.
L’approccio a questo nuovo album, il primo da “Birth Of Violence” del 2019, è stato segnato da alcune esperienze importanti per la vita, oltre che per la carriera, dell’artista di Sacramento: prima di tutto si parla di una disintossicazione dall’alcol, ma non sono da tralasciare la composizione della prima colonna sonora, “X” con Tyler Bates, e la collaborazione con i Converge per “Bloodmoon: I”; tutto ciò sembra aver influito sull’ispirazione della cantante americana, gettando le basi per una manciata di canzoni che segnano un’ulteriore anche se prevedibile svolta e come al solito suonano intime e personali.
“She Reaches Out To She Reaches Out To She”, titolo che fa pensare ad un turbinio di sensazioni dal quale non sembra esserci via d’uscita, è un disco in cui la parte del leone va individuata nell’elettronica, un po’ come succedeva con “Pain Is Beauty” rispetto al quale, però, è più aspro e pungente. Su un tappeto di suoni sintetici, si staglia la solita voce che si muove in un range tra l’etereo e lo spettrale, vagando in un quello spazio della nostra mente in cui è difficile distinguere i sogni dagli incubi. Dimenticate le suggestioni folk o acustiche che hanno segnato alcuni episodi del passato, i brani di questo nuovo album passano dal trip-hop fumoso e jazzato di “Tunnel Lights” alle trame dense di “Liminal”, ai beat spigolosi dal gusto industrial di “Eyes Like Nightshade” e a quelli più danzerecci di “Place In The Sun”, fino alla chiusura affidata alla vampiresca “Dusk” che, con i suoi giochi di tastiere, suona come il confuso risveglio di chi ancora non realizza in quale oscuro luogo si sia andato a cacciare.
Qua e là non mancano note di pianoforte e chitarre distorte, ad amplificare quel caos e quel senso di incertezza che sembrano inghiottirci e che sono il simbolo più evidente della nostra vulnerabilità. L’aiuto di musicisti estranei a queste sonorità, tra cui il produttore Dave Sitek dei TV On The Radio, pare aver aggiunto ricchezza ai pezzi, eterogenei a dispetto di un mood che li attraversa dal primo all’ultimo.
Un album che non è migliore o peggiore di quelli che l’hanno preceduto, ma è un’altra volta diverso e spiazzante, come se fosse un’ulteriore tappa di un cammino sconnesso; sicuramente la dote più evidente di Chelsea Wolfe è la capacità di mettere a nudo le proprie emozioni e le proprie debolezze, ed anche questa volta ci è riuscita alla perfezione.