8.0
- Band: CHEVELLE
- Durata: 00:50:36
- Disponibile dal: 05/03/2021
- Etichetta:
- Epic
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Dopo i ritorni di A Perfect Circle (2018), Tool (2019) e Deftones (2020), il 2021 non poteva che essere l’anno dei Chevelle, per chiudere in bellezza il quartetto magico con il ‘parente povero’, definito così in termini di fama (quanto meno nel vecchio continente) e di ‘fame’, visto che i fratelli Loeffler hanno recentemente affermato di non essersi arricchiti a fronte dei sei milioni di dischi venduti finora. In attesa di vedere cosa ne sarà di loro in futuro, possiamo subito dire il loro nono album in carriera, a cinque anni di distanza da “The North Corridor”, rappresenta il modo migliore per chiudere un’era, ponendosi probabilmente nella Top 3 della loro discografia, subito sotto l’inarrivabile “Wonder What’s Next”. Introdotto da un artwork squisitamente retrò, “Niratias” (acronimo di ‘Nothing Is Real And This Is A Simulation’) si presenta come un concept album ispirato all’esplorazione dello spazio, tema di stretta attualità (‘Is there life on Mars?’, come direbbe il Duca Bianco) ma che ci rimanda ai tempi di “Sci-Fi Crimes”, richiamato anche a livello di sonorità. Dopo il decollo affidato alla strumentale “Verruckt”, ben più di una semplice intro, si vola subito in alta quota con “So Long, Mother Earth”, “Mars Simula” e la spettacolare “Self Destructor”, un tris d’assi dove i Loeffler Bros, nel frattempo rimasti orfani del bassista Dean Bernardini, ci mostrano come dovrebbe suonare l’alternative metal fatto bene: ritmiche possenti ma non banali, melodie dolcissime ma mai stucchevoli. Le dichiarazioni alla vigilia dell’uscita del frontman Pete Loeffler sui ritmi di lavoro imposti della casa discografica – “Non sono così fiero di tutte le canzoni che ho scritto” – e il lungo tempo di gestazione impiegato trovano riscontro in una tracklist dove nulla è lasciato al caso: dalla rabbia di “Peach” alla dolcezza di “Endlessly”, intramezzate dalla parentesi spaziale di “Test Test…Enough”, tutto s’incastra alla perfezione, mantenendo il trademark Chevelle senza però scadere nell’autocitazione ed anzi introducendo qualche piccolo elemento di novità, come la chiusura recitata di “Lost in Digital Woods” in stile NIN. Se davvero, come sembra, questo sarà per il capitolo finale dei Chevelle, intenzionati a prendersi una pausa per dedicarsi a dei progetti paralleli, possiamo parlare di un’uscita di scena in grande stile; in attesa, speriamo non troppo lunga, del secondo atto.