8.0
- Band: CHIMAIRA
- Durata: 00:59:07
- Disponibile dal: 02/09/2005
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Universal
Spotify:
Apple Music:
Cos’avranno mai di diverso, o di superiore, i Chimaira, rispetto agli altri, innumerevoli combo metal-core usciti allo scoperto da un paio d’anni a questa parte? Cos’avranno in più di speciale, considerando i buonissimi dischi recentemente partoriti dai vari loro labelmate Trivium, The Agony Scene, Devildriver e compagnia bella? Cos’avranno di così interessante, da tenerli lontani dallo scomodo paragone con i top-seller del genere, Killswitch Engage e Shadows Fall? Davvero complicato a dirsi, in quanto è difficile non far rientrare la band di Cleveland nel calderone metal-core, dato che la sua proposta non è certo scevra dall’essere brutale e melodica al tempo stesso e non è certo purificata dai classici breakdown da mosh che caratterizzano il genere citato. Eppure…eppure, la spiegazione forse va ricercata nel fatto che i Chimaira sono giunti al terzo album su Roadrunner attraverso una maturazione costante e assolutamente positiva, crescita che, unita alla ferocia devastante che contraddistingue le composizioni del gruppo e la voce al vetriolo del terrificante Mark Hunter, permette di considerare il sestetto dell’Ohio come uno dei più degni eredi delle grandi band metalliche degli anni ’90. Ed infatti, forse assieme ai redivivi Machine Head, i Chimaira rappresentano il trait d’union vero e proprio tra il metal americano dei Nineties e la cosiddetta, attualissima NWOAHM. Dopo il troppo Slipknot-dipendente “Pass Out Of Existence” e l’eccezionale “The Impossibility Of Reason”, arriva ora il terzo album, intitolato semplicemente “Chimaira”, nuovo tassello da incorniciare con pieno diritto: dieci tracce di medio-lunga durata – caratteristica che esula ulteriormente il gruppo da paragoni poco opportuni – intense, dinamiche, anthemiche, estreme, anche se, a tratti, attimi melodici di respiro fanno capolino durante l’ascolto. Mark Hunter, come già detto, è fenomenale, così come il nuovo batterista Kevin Talley (ex-Dying Fetus, mica bruscolini)…quello che però dà un tocco in più alla band è l’approccio chitarristico, dove la scelta di inserire assoli a pioggia – in quantità superiore e decisamente migliori rispetto al passato – grazie al talento di Rob Arnold, si rivela davvero vincente: virtuosi senza strafare, gli assoli si innestano spesso sulle ritmiche moshy della seconda chitarra, generando un contrasto esplosivo. Contenuto, ma efficace, l’apporto elettronico di Chris Spicuzza, in un disco che trova nella prolissità e in una certa ripetitività due piccoli difettucoli, tranquillamente by-passabili. I brani sono poco immediati e parecchio complessi e necessitano di più passaggi per essere memorizzati a dovere: “Inside The Horror” e “Pray For All”, assieme al singolo “Nothing Remains”, sono i preferiti di chi scrive, mentre “Salvation” e “Lazarus” dimostrano quanto i Chimaira possano osare ancora molto, se solo vorranno farlo; il resto della tracklist è ovviamente all’altezza. Ad un orecchio disattento, “Chimaira” potrà sembrare l’ennesimo disco metal-core di questo 2005: non saremmo d’accordo. Qui si esce dal trend, per entrare in un discorso di continuità e progressione stilistica che ancora non è stato intaccato da scelte “modaiole”. Ottimo.