8.0
- Band: CHURCH OF MISERY
- Durata: 00:53:26
- Disponibile dal: 30/06/2023
- Etichetta:
- Rise Above Records
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“Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate“: in questo caso non siamo al cospetto dell’ingresso dell’Inferno di Dante e nemmeno tra le pagine del più famoso romanzo di Bret Easton Ellis, ma abbiamo semplicemente tra le mani il nuovo album dei Church Of Misery, e la differenza non è molta.
Reduci dal non eccezionale “And Then There Were None…” dell’ormai lontano 2016, i folli giapponesi, guidati come sempre dal bassista e fondatore Tatsu Mikami, vedono il ritorno del cantante originale Kazuhiro Asaeda e decidono di deliziarci con sette nuovi sanguinari episodi ispirati ai più efferati assassini seriali della storia, come Fritz Haarmann, noto come il licantropo di Hannover, o David Koresh, il predicatore della setta dei davidiani responsabile della strage di Waco. Ma lasciamo ai nostri lettori il divertimento di reperire informazioni riguardo i rispettabili gentiluomini a cui i pezzi sono dedicati ed andiamo a parlare del contenuto musicale: da sempre devoti al culto dei Black Sabbath, anche questa volta i tre di Tokyo forgiano una serie di brani che si muovono tra stoner e doom metal con un fervore fuori dal comune, inanellando la solita serie di riff talmente grassi che sembra di sudare solamente ad ascoltarli. In quella che potremmo definire la degenerazione di un blues primordiale, la distorsione è a livelli ovviamente insostenibili, la sporcizia sonora ed il caos dominano ed un sinistro effetto lisergico è l’approdo naturale.
La formula è ormai nota: prendere a prestito sonorità che hanno fatto la storia del rock e rielaborarle con tutta la furia possibile, accrescendone il fascino morboso con un succoso corollario da B-movie, grazie anche ai sinistri dialoghi che arricchiscono le canzoni. Ecco dunque l’irresistibile ritornello di un brano ricco di groove come “Come On And Get Me Sucker”, i riferimenti a Hendrix di “Murder Castle Blues”, una “Most Evil” che ricorda i Cathedral, l’organo della cover degli Haystacks Balboa, “Spoiler”, gli assoli di chitarra fuori dal tempo sparsi in molti dei brani.
Tutto, sia chiaro, da affrontare a volumi altissimi e senza la minima pretesa di innovazione, ma “Born Under A Mad Sign” sembra uscito veramente bene: lo stesso leader dei nipponici ha spiegato che questo è il risultato della rabbia per il Covid che lo ha chiuso in casa a scrivere e gli ha fatto anche perdere il lavoro, sommata all’energia immagazzinata durante un tour iniziato nel 2017 e concluso nel 2020 proprio per la pandemia. Era difficile aspettarsi un ritorno del genere dopo gli alti e bassi delle ultime uscite (perlomeno in studio, perché dal vivo i Church Of Misery non hanno mai deluso), considerando anche l’instabilità di una formazione che, seppur longeva, può contare tanti ex componenti quanti anni di vita.
Come ogni musicista all’uscita di un nuovo disco, lo stesso Tatsu ha definito quest’album come il suo migliore di sempre, e questa volta potrebbe anche esserci andato molto vicino, ma poco importa, ciò che conta è avere a disposizione del nuovo materiale da portare in tour per tornare ad incendiare i palchi.