5.5
- Band: CIRCLE II CIRCLE
- Durata: 00:45:03
- Disponibile dal: 25/04/2008
- Etichetta:
- AFM Records
- Distributore: Audioglobe
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Senza lasciarsi andare ad inutili rimpianti di natura nostalgica dobbiamo ammettere che il progetto Circle II Circle, tirato su da Zac Stevens nel 2003 dopo la sua dipartita dai Savatage, non è mai apparso minimamente paragonabile per qualità, a quanto fatto dalla band che lo ha lanciato al grande pubblico, infatti dopo il flop riscosso dal debutto in carta carbone “Watching The Silence”, il singer statunitense ha cercato di aggirare l’impiccio puntando anche su influenze differenti. Questo quarto lavoro in studio per la band della Florida segue le orme del predecessore racchiudendo nei circa tre quarti d’ora a disposizione bordate power metal d’oltreoceano, rocciosi frangenti classic metal, spunti seventies e passaggi riflessivi, il tutto contornato dalle immancabili reminiscenze Savatage, scaltre più di altre volte nell’evitare preoccupanti accostamenti. Trovata la propria dimensione artistica, ora i Circle II Circle dovranno concentrarsi nel migliorare la qualità di un songwriting ancora piatto e altalenante, in particolare risulta carente la prima parte di “Delusions Of Grandeur”, con note dolenti per le accelerazioni in doppia cassa di “Dead Of Dawn”, “Fatal Warning” e “Waiting”, banali nella struttura e poco efficaci nelle linee vocali. Migliora progressivamente la situazione grazie ai picchi finali offerti dall’heavy rock di “So Many Reasons” e al sound dinamico di “Chase The Lies”, prima di rivolgere nuovamente il proprio sguardo al passato con la conclusiva “Every Last Thing”, che non maschera la propria simpatia per la splendida “Chance” (Savatage disco “Handful Of Rain” per chi non la conoscesse). Ci troviamo dunque al cospetto di un’altra prova incolore per la band di Zac Stevens, che troverà consensi soprattutto fra gli imperturbabili estimatori del singer statunitense, autore con la sua ugola calda ed espressiva di una prestazione personale come sempre di alto livello (ascoltare “Echoes” per credere) ma, ahinoi, mal sostenuta dalle canzoni stesse.