8.5
- Band: CLAWFINGER
- Durata: 00:44:30
- Disponibile dal: 1995
- Etichetta:
- Warner Bros
- Distributore: Warner Bros
Clawfinger, un’eterna mosca bianca nel panorama metallico Novantiano e degli anni Duemila, spesso dimenticata e ormai decisamente scemata in popolarità – nonostante la prossimissima partecipazione al Wacken Open Air 2017 – si voglia per demeriti propri, come ad esempio una carriera nettamente in decrescendo dopo gli inizi bombastici, si voglia per sfortune contingenziali, una su tutte l’essersi sempre posti trasversali tra metal cyber-industriale e nu-metal schietto e diretto all’americana. D’altro canto, essendo i Nostri di origine scandinava, svedesi e norvegesi per la precisione, l’unicità stilistica loro è sempre stata un’arma a doppio taglio. Una band, quella di Zak Tell e Jocke Skog, che si ama o si odia, dicotomicamente condannata dal particolarissimo e assurdo timbro vocale del suddetto Zak, dotato di un flow che-poi-non-è-tanto-flow, per i detrattori altamente fastidioso, per i fan apprezzanti il punto di forza della formazione. Formazione che fa il botto con il sorprendente debutto “Deaf Dumb Blind” del 1993, dato venduto dalla Warner in quasi 700000 copie, un risultato stratosferico se si considerano le forti tematiche del gruppo, la sua provenienza e la spinta equivoca del singolo di successo “Nigger”. Ma stoppiamoci un attimo e chiediamoci perchè, invece di puntare tutto sul succitato esordio, abbiamo deciso di incensare il suo successore, “Use Your Brain” (1995), quale lavoro-simbolo del combo. Be’, innanzitutto perchè è un capolavoro tanto quanto il primo, fresco, ancora innovativo e sorprendente nonostante il forte traino del precedente platter; ci appare poi meglio studiato, meglio strutturato e più maturo, il vero zenit raggiunto dal gruppo, che poi si perderà (male) in una ricerca più marcata di un’orecchiabilità e di un’accessibilità troppo dolciastre e figlie di un uso poco incisivo dell’elettronica; elettronica che invece in “Use Your Brain” tracima d’ispirazione completando ottimamente il songwriting senza oscurare le restanti caratteristiche del sound Clawfinger, ovvero il cantato grave, in rima e frenetico, e il riffing pompato e iper-compresso, pieno di stopponi che, tra Meshuggah, Fear Factory, Korn (“Destroy Erase Improve”, “Demanufacture” e “Korn” sono tutti e tre coevi di “Use Your Brain”) e prodromi nu, spesso fanno decollare l’headbanging furioso. Inoltre, come dimenticare la presenza, proprio in questo disco, di “Do What I Say”, brano-simbolo dei Nostri e hit disco-rock di gran livello? La vocina che introduce la filastrocca leit-motiv del pezzo (“When I grow up / there will be a day…”) è tuttoggi imprescindibile e lancia un up-tempo nervoso e violentissimo che non lascia scampo all’ignaro ascoltatore, mentre il vocalist lungagnone è quantomai schizofrenico ed epilettico nel contorcere le sue metriche attorno a pulsioni sincopate e spiattellamenti hardcore. A partire dal successivo ed eponimo “Clawfinger”, la band, come già scritto in precedenza, inizierà un percorso di apertura sonora verso il mainstream, che qui si intravede soltanto e non condiziona per nulla sia i brani più riflessivi (“It”) che le soluzioni votate maggiormente alla melodia (“Undone”, la grandiosa “Tomorrow”), oppure le sinuose ritmiche delle tracce più contaminate dall’hip-hop (“Pay The Bill”, “Pin Me Down”). La produzione della stessa band e di Jacob Hellner raggiunge livelli stratosferici su “Use Your Brain”, forgiando definitivamente un suono personalissimo e riconoscibile all’istante, nel quale il basso si ritaglia ottimi momenti d’evidenza e ricama con linee accattivanti quasi ogni canzone, la batteria si erge funzionale ed autoritaria nella sua freddezza, mentre chitarre ed elettronica, apparentemente minimali e rozze, in realtà regalano arrangiamenti e trovate frutto di una cura certosina del dettaglio (ascoltare “Back To The Basics”, in merito). In definitiva, senza voler star qui a citare ogni singolo episodio di un lavoro sì cangiante, ma anche omogeneo e compatto, “Use Your Brain” assume in pieno le caratteristiche di album rappresentativo dei propri autori e testimonianza imperitura di un combo unico per originalità ed inventiva, in quanto proprio nessuno, in futuro, è riuscito ad imitare le loro gesta. Capolavoro senza tempo.