7.5
- Band: CLOUDS
- Durata: 01:02:21
- Disponibile dal: 13/02/2025
- Etichetta:
- Loud Rage Music
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Nati nel 2013 come progetto estemporaneo e per anni una sorta di multinazionale con componenti provenienti da ogni angolo d’Europa, i Clouds hanno trovato finalmente una continuità, con una formazione praticamente stabile rispetto al disco precedente e composta da artisti tutti di nazionalità romena. A dir la verità, solamente un anno fa, la situazione non era delle migliori: Daniel Neagoe, fondatore e leader della band, con un toccante messaggio annunciava di aver avuto un ictus e le sue parole non facevano presagire nulla di buono riguardo il futuro. Il cantante è da sempre l’anima dei Clouds, vero e proprio veterano del doom più oscuro, che può vantare la militanza nei gruppi più in vista della scena (Eye Of Solitude, Pantheist, Shape Of Despair, Aphotic Threnody e Aeonian Sorrow solo per citare i più noti), e per questo motivo, senza il suo apporto, era lecito non aspettarsi nulla, perlomeno a breve termine.
Contro ogni attesa, invece, l’artista di Timișoara ha rimesso in piedi la sua creatura in tempi strettissimi ed ha pubblicato un nuovo album, come da tradizione prima in formato digitale e solo in seguito affidandosi ai conterranei della Loud Rage Music.
La band ha parlato di “Desprins” (che in romeno significa ‘staccarsi’, verbo in qualche modo legato al titolo del lavoro precedente) come di “uno spaventoso viaggio nell’oscurità della coscienza, una riflessione introspettiva sull’esistenza umana“, definizione che suona perfettamente in linea con quanto Neagoe ha sempre prodotto, ma i nuovi brani (sette nuovi, più due singoli già editi aggiunti come bonus track) suonano piuttosto diversi da quelli di “Despartire”.
Prima di tutto, la preponderanza del growl sulle voci pulite è ancora più netta, un growl che viene dagli anfratti più profondi, angoscioso, e che si fonde con gli strumenti, quasi a voler ribadire come questi pezzi siano nati dalla disperazione più nera; poi, il tappeto musicale risulta insolitamente dinamico, a tratti melodico, e viaggia su ritmi mediamente più sostenuti, per quanto possibile quando si parla di queste sonorità.
Il protagonista assoluto in questa occasione, però, è il flauto di Andrei Oltean, che disegna scenari luminosi, accompagnando il cantato e talvolta sovrastandolo, in un contrasto che rappresenta l’essenza stessa della musica dei Clouds. Una pesantezza schiacciante convive con note di pianoforte e violini, e la scelta di una produzione non proprio limpidissima ma coesa risulta efficace nel creare un flusso sonoro intenso e corposo; le canzoni si assomigliano a livello compositivo, con strutture e costruzioni che si ripetono come un’enorme massa che si muove con inesorabile lentezza, accrescendo l’opprimente senso di disagio e le liriche, poetiche e penetranti, sono un ulteriore valore aggiunto.
“Desprins”, per atmosfere e durata, è un’opera che va affrontata con la giusta attitudine: tutto rientra nei confini di un doom tenebroso soffocante, e a tratti è impossibile non fare paragoni con band quali My Dying Bride o Candlemass ma la direzione intrapresa, all’inizio spiazzante, è la risposta a chi vede nel genere un immobilismo che si può invece superare con la creatività e l’ispirazione.