6.0
- Band: CLOUDSCAPE
- Durata: 01.02.33
- Disponibile dal: 31/07/2012
- Etichetta:
- Roastinghouse Records
Spotify:
Apple Music:
Cambiano gli equilibri all’interno dei svedesi Cloudscape, realtà prog attiva dal 2003, sia a livello di line-up sia a livello musicale. Per quanto riguarda la formazione, rispetto al penultimo, interessante, “Global Drama”, segnaliamo il sisma che ha spaccato il gruppo letteralmente in due tronconi risultando nell’allontanamento dei tre quinti dei membri e lasciando il timone della barca ai soli Anderson e Svard, rispettivamente cantante e chitarrista principale. Come spesso accade, una simile rivoluzione a livello di formazione non passa senza lasciare segni sullo spartito, e anche la musica che esce dalle penne dei due musicisti restanti ne risulta parimenti alterata, con una forte sterzata verso lidi più melodici ed accessibili rispetto alle asperità prog presenti sugli scorsi album. Scomparsa quasi completamente la componente più power-oriented, il vuoto creatosi nel songwriting viene riempito da Anderson e Svard tramite massicce iniezioni melodiche provenienti da un metal più tradizionale e pomposo ed in parte anche dall’hard rock; tali inserti risultano presenti soprattutto a livello di ritornelli e sono coadiuvati anche da un diverso uso delle tastiere, più ravvicinabili adesso a binari class/pomp piuttosto che a quelli progressivi. Il risultato è qualcosa che ricorda da vicino gli ultimi album dei purtroppo scomparsi Last Tribe di Magnus Karlsson, a cavallo tra metal melodico e tentazioni prog con una maggiore tendenza a ritmiche e soluzioni più pesanti soprattutto nelle strofe. Il bilancio su questo cambio di proposta musicale si traccia abbastanza facilmente, con un plauso rivolto alla maggiore accessibilità delle canzoni, soprattutto per quanto riguarda la loro struttura ora più lineare, ma con un appiattimento generale della proposta dal punto di vista meramente compositivo. Insomma, gli equilibri cambiano, ma il risultato finale non più di tanto, potremmo dire: i Cloudscape erano una realtà di nicchia nella scena prog per via di un songwriting che non privilegiava canzoni ad effetto, ed adesso sono una realtà, ancora di nicchia, con un orizzonte musicale più ampio, ma ancora privi di un’arma segreta che permetta alle loro canzoni di colpire davvero l’attenzione dell’ascoltatore. Il difetto principale di “New Era”, risulta infatti proprio questo: dodici canzoni carine, ben suonate e arricchite da una produzione pulita (anche se forse poco potente), ma che nel complesso risultano poco in grado di differenziarsi l’una dalle altre, e che rimangono veramente memorizzabili solo grazie al maggior apporto melodico dei ritornelli. Rimangono nel limbo, dunque, i Cloudscape, nonostante siano giunti al quarto album; a differenza dei conterranei Circus Maximus, cui spesso venivano paragonati, nel tentare una virata verso acque leggermente diverse e più accessibili non trovano del tutto la quadratura del cerchio, rilasciando un album che, anche se pienamente sufficiente, non pare riuscire a trovare un equilibrio stabile. Sperando che nel proseguo della carriera questa valida band trovi un suo equilibrio, ribadiamo comunque che “New Era” non è assolutamente un brutto disco; solamente dà l’impressione di essere un capitolo di passaggio per una band che sta riorganizzando le idee sul cammino da intraprendere.