7.0
- Band: COAL CHAMBER
- Durata: 00.38.12
- Disponibile dal: 22/05/2015
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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I Coal Chamber non hanno bisogno di presentazioni: tra i veri pionieri del nu metal hanno avuto un successo locale già prima del contratto, anche grazie al look goth che li differenziava dai colleghi. Poi è arrivata la sponsorizzazione di Dino Cazares, la firma con Roadrunner e i vari Ozzfest. Quello che non tutti sanno è che Dez Fafara, ancor prima di pubblicare il debutto omonimo – da tutti considerato il disco migliore della band – aveva già lasciato il gruppo una volta, a causa dei dissapori della moglie nei riguardi dei compagni. Intorno agli anni 2000 fu Sharon Osbourne a scappare dopo pochi mesi nelle vesti di manager, mentre nel 2002, pubblicato “Dark Days”, toccò alla bassista Rayna Foss, che “trovò Gesù” e si ritirò per crescere i figli. Il vero scoppio avvenne, come tutti sanno, sul palco di Lubbock, in Texas, dove Fafara annunciò “questo è l’ultimo show dei Coal Chamber di sempre!”, abbandonando il palco tra sputi e risse, verbali e non. In dieci anni di veleno nei confronti degli ex compagni Dez Fafara si è lanciato nei Devildriver. Come accadde per Mike Patton e i suoi Faith No More è stato incredibile solo il sentirlo parlare di reunion, ma dopo qualche dichiarazione pacifica e qualche data in giro per il mondo eccoli (entrambi) di nuovo tra noi (casualmente con i nuovi dischi usciti a distanza di giorni!). “Rivals”, per la gioia dei rimastoni, è esattamente tutto quello che la gente sperava, ovvero un prosieguo del cammino della band che riprende esattamente da dove “Dark Days” li aveva lasciati, in barba alla sabbia scesa nella clessidra. Come dimostra il primo estratto “IOU Nothing”, che è poi uno dei migliori pezzi della raccolta, i quattro non sono cambiati di una virgola, che si parli del look variopinto, delle capacità tecniche ridotte del cinese/messicano Meegs alla chitarra, della voce nasale di Dez che, con pesante eyeliner, ripercorre tutti i trucchetti e i metodi espressivi archiviati in carriera – restando comunque più vario di quanto mai fatto nei Devildriver. Nessun riferimento alle strizzatine d’occhio goth di “Chamber Music”: “Rivals” è molto diretto e viscerale, con riferimenti al nu metal che fu come la title track, che fa riferimento ai Soulfly, o “Bridges You Burn”, che scippa clamorosamente un riff ai Korn. La chiacchierata collaborazione con Al Jourgensen dei Ministry (“Suffer in Silence”) è davvero piacevole, e si unisce meritatamente ai pezzi più violenti dell’album. Il groove è forse meno nervoso e schizofrenico degli esordi, ma anche quando si rischia la ripetitività l’energia irrefrenabile e la produzione ci mettono una pezza. Tralasciando i discorsi su una credibilità sempre parecchio in bilico (che senso ha resuscitare i Coal Chamber dopo anni di maledizioni, andando tra l’altro a perdere metà dei Devildriver?) e chiudendo l’occhio sulla mancata progressione stilistica (una scelta che verrà sicuramente applaudita dai fan storici) dobbiamo dire che i tredici pezzi della raccolta sono parecchio divertenti e ben riusciti. Facendo un nuovo parallelismo con una reunion recente: come successe con gli Alice In Chains anche i Coal Chamber dimostrano di saper far bene anche senza il quinto elemento, ovvero le sostanze stupefacenti che in entrambi i casi hanno portato allo scioglimento. L’album che i Coal Chamber dovevano fare per i fan e per se stessi: nu-stalgico!