7.5
- Band: CODE ORANGE
- Durata: 00:53:32
- Disponibile dal: 29/09/2023
- Etichetta:
- Blue Grape Music
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Dopo essersi presi abbondantemente dei ‘venduti’ coi singoli stand alone e la partnership con WWE, i Code Orange arrivano finalmente al successore di “Underneath”, capitolo che già dal titolo pare essere il gemello, la parte complementare di un disco che ha riscosso un grande riscontro da pubblico e critica e ha proseguito la traiettoria ascendente della formazione. Da sempre, di album in album, i Code Orange hanno spinto, smantellato e ricostruito la propria formula, portando avanti un discorso coerente che ha sempre legittimato valore e credibilità della band. “The Above”, almeno per la parte distruttiva, non fa eccezione e sin dai primi ascolti potremmo dipingerlo, rispetto al predecessore, come la metà ‘yang’, che messa orizzontalmente vede predominare la melodia, con l’onda più heavy, claustrofobica e violenta all’inizio e una goccia di ritorno sul finale. Una metà complementare e, fondamentalmente, molto diversa.
Il disco si apre con ampi contrasti, nell’industrial maligno e frammentato di “Never Far Apart” così come nella successiva “Theatre Of Cruelty”, un brano massacrante che si lega al precedente album ma alterna linee melodiche alla Deftones e risposte hardcore violentissime. Dopo il singolo “Take Shape”, troviamo “The Mask Of Sanity Slips”, dove i Korn fanno capolino sia per l’uso degli arpeggi di chitarra che per le linee vocali nelle strofe; il breakdown è scippato a “Clown” e il resto è puro alternative anni ’90. Fa godere anche “A Drone Opting Out The Hive”, con riff ultra heavy, glitch, strofa recitata e un coro violentissimo con un uso straniante di tre note ipnotiche.
Nella seconda metà, a parte l’aggressione totale e hardcore di “Grooming My Replacement” e la possessione degli Slipknot degli esordi in “The Game”, prende il sopravvento l’influenza di grunge e alternative, amplificata dall’aura del guru Steve Albini (qui in veste di ingegnere del suono). In una trama comunque imbastardita di industrial e trip hop, sconnessa e malata, “I Fly” e “Splinter The Soul” sono fondate sulla melodia e imbastiscono un grande ritornello, mentre purtroppo “Circle Through” e “But A Dream” scivolano in una banalità e una standardizzazione che mai ci saremmo aspettati da Jami Morgan e soci. Almeno altri brani sono più costruiti: “Splinter The Soul” ci butta dentro una parte caotica con dj, “Snapshot” si sporca di Junkie XL e “The Above” offre un volo pindarico semi-sinfonico.
I Code Orange dimostrano la solita ambizione, con una miriade di spunti e (per gran parte del disco) una ricchezza sonora e una scrittura che la maggior parte dei colleghi si sogna, confidenti di poter raggiungere una nuova fetta di pubblico (magari quella Gen Z che sta riscoprendo i ’90 – 2000 su TikTok). Non sappiamo se potranno mantenere la credibilità che ha lasciato aperte le porte della scena metal ed hardcore, ma il problema è un altro: con “The Above” le fondamenta del suono traslano del tutto, per la prima volta, verso grunge, alternative e nu metal, con l’industrial come singolo elemento di continuità. Così facendo, insistere su elementi di un passato altrui, che fanno parte del proprio arco evolutivo solo in minima parte, viene percepito come una forzatura, come uno scivolare nel revivalismo. Se l’industrial del passato ha dato mordente ad “Underneath” perché accoppiato al DNA, all’esplosività e allo spirito estremo dei Code Orange, quando i cardini vengono meno il risultato viene percepito diversamente: nel retrocranio di chi conosce la scena alternative dei ’90 a menadito risale brevemente quella sensazione di “Spawn Soundtrack”, che in mezzo a pezzi memorabili si porta dietro effetto compilation, riciclo ed occasioni mancate. E lo diciamo non perché “The Above” sia un cattivo album, perché non lo è affatto. Il problema è che arriva da una formazione che è sempre stata ‘avanti’ come i Code Orange. Forse in un futuro prossimo “The Above” troverà una sistemazione nell’arco di traiettoria del gruppo, forse incontrerà la gloria più dei suoi predecessori, al momento però ci sembra che pur essendo un buon disco lasci troppo lungo il percorso.