6.5
- Band: COLDWAR
- Durata: 00:50:50
- Disponibile dal: 28/05/2014
- Etichetta:
- Candlelight
- Distributore: Audioglobe
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I dublinesi Coldwar sono più famosi per una loro caratteristica davvero eclatante e al limite dell’imbarazzante che per la propria musica: sono infatti noti più per la presenza “scenica” e prettamente visuale del loro frontman Trevor McLave che per le loro canzoni. Mette tristezza constatare questo fatto, ma il dato inconfutabile del caso è che l’aspetto esteriore che McLave si è autocostruito oscurerà per sempre quello musicale della sua band, vuoi perché parliamo di un “topic” visuale del Nostro davvero esilarante, dai tratti tragicomici e fuori dalla grazia di Dio, vuoi perché musicalmente, a tutti gli effetti, la band non è che offra chissà quale rivoluzione, pur nella sua dignitosissima e tutt’altro che nascitura carriera. Trevor McLave è infatti noto per avere il corpo interamente tatuato di svastiche…. A rendere la cosa ancor più tragicomica è il fatto che McLave ha fatto questo gesto eclatante in senso del tutto anti-nazista e contro “ogni regime di oppressione”, come lui stesso afferma. L’intento del vocalist, a quanto si apprende dallo stesso, è infatti quello di “reimpossessarsi di un simbolo antichissimo e millenario tutt’altro che negativo, rubatoci da un regime sanguinario e malvagio, per restituirlo ai suoi più puri e inoffensivi intenti”. Ora, il “tentativo”, o le intenzioni teoretiche di McLave sono da apprezzare senza dubbio, ma il risultato finale? Bah, cercate il vocalist su Google Immagini e giudicate voi stessi. Passando alla musica, non possiamo che constatarne la pochezza sostanziale al cospetto del gigantesco peso concettuale dettato dalla scelta di vita e ideologica del loro frontman. Parliamo di un hardcore scuro e minaccioso striato da innegabili lacerazioni black metal e death metal e caratterizzato dalle ferali e belluine vocals di McLave, sempre tarate su un raspo gutturale disperato e stridente. La prima band a balzare alla mente nel sentire la formula dei Nostri sono proprio i tre “re” indiscussi dell’hardcore votato all’oscurità: Starkweather, Integrity e Ringworm, tre band hardcore “pure” nell’impianto musicale, ma “annerite” e imbestialite dalla performance ferale e inferocita dei loro rispettivi vocalist. Facile infatti riscontrare nell’assetto vocale di McLave l’eredità immensa votata al nero di Rennie Resmini, di The Human Furnace e di Dwid Helion. Musicalmente invece parliamo di un metalcore duro e quadrato pesantemente incrostato di black metal. Qualcosa che sta a cavallo tra i primi Corrosion of Conformity, i Vision of Disorder, i Rorschach, i Biohazard, e i Cro-Mags da un lato e i conterranei Primordial, gli Emperor e i Dissection dall’altro. Teoricamente una commistione interessante, a livello puramente concettuale, ma che la band non ha però saputo esprimere in pieno, facendo invece prevalere un immanente senso di incompiuto, staticità e circolarità che, canzone dopo canzone, tende a riproporre in continuazione le stesse idee e le stesse formule compositive senza divenire mai l’ovvia conseguenza della propria fusione di influenze. Insomma, una band davvero da prendere con le molle, vuoi per la natura ideologica e concettuale assolutamente fuori dalla grazia divina del loro frontman, vuoi perché anche sotto l’aspetto prettamente musicale la band appare preda di un limbo stilistico-espressivo che sembra relegarla in un perenne stato di incompiutezza e autoincomprensione.