6.5
- Band: COLOSSO
- Durata: 00:20:46
- Disponibile dal: 24/01/2020
- Etichetta:
- Transcending Obscurity
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Transcending Obscurity significa anzitutto metal estremo di qualità. Che si parli di black, death, doom o derivati, la label indiana ha dimostrato di possedere un certo fiuto nella selezione del proprio roster, arrivando spesso a lanciare nuovi talenti (Gaerea) o a dare un forte scossone a carriere da cui ormai ci si aspettava poco o nulla (Paganizer). In quest’ottica, non stupisce la scelta di puntare sui Colosso, protagonisti fin qui di un percorso artistico passato sotto i radar del pubblico e della critica ma – a conti fatti – ben più efficaci di tanti strombazzati fenomeni nati sulla scia del successo underground degli Ulcerate o della riscoperta dei vecchi capolavori di Immolation e Gorguts.
A due anni di distanza dal precedente “Rebirth”, il gruppo portoghese si ripresenta sul mercato con un EP che ne ribadisce l’espressività e la concretezza compositive, snodandosi per una ventina di minuti attraverso gli avvallamenti di un suono tanto denso quanto decifrabile, lungi dal perdere di vista l’impatto che dovrebbe sempre essere prerogativa del metallo della morte. Insomma, pur ricorrendo a dissonanze, riff stridenti e ritmiche dispari, i quattro brani di “Apocalypse” non si presentano come un blocco monolitico e inscalfibile, riuscendo anzi a raggiungere una propria caratterizzazione e ad imprimersi nella memoria dopo pochi ascolti. Si parte con “Pestilence”, moloch di otto minuti che sembra traslare in musica il monicker della band, si passa per le clean vocals e gli strati di melodia di “Death” e si finisce con le trame vorticose di “Famine”, ipotetico punto di incontro fra gli insegnamenti di Ross Dolan e quelli della scena techno-death californiana dei primi anni Duemila. L’episodio migliore, quello da cui i Colosso dovrebbero ripartire per la stesura del prossimo full-length, è però “War”: qui la band di Porto trova un ottimo compromesso fra groove e paranoia, dimostrando come – con poche semplici accortezze – sia possibile suonare tetragoni, minacciosi e al contempo orecchiabili.
Non convincono molto la produzione (un po’ troppo arida) e la decisione di coinvolgere quattro diversi frontman (il leader Max Tomé, Guilherme Henriques degli Oak, Sérgio Alonso dei Bleeding Display e Diogo Santana degli Analepsy), ma nel complesso “Apocalypse” è quel che si dice una piacevole pillola di alienazione e ferocia.