7.0
- Band: CONAN
- Durata: 00:44:11
- Disponibile dal: 28/02/2014
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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A chi va lo scettro di band più pesante dell’universo? Senza ombra di dubbio al trio stoner-doom albionico Conan! Questi tre simpaticissimi ragazzoni barbuti inglesi, i quali giungono alla seconda prova con questo esaltante “Blood Eagle”, sono infatti autori di una musica che ha tratti estremi davvero portati al limite. Lasciamo perdere per un secondo la scontatissima lentezza comatosa della loro musica che raggiunge livelli inverecondi; e vabbe’, parliamo di doom in fin dei conti, per cui ci sta anche che questi ragazzi suonino la loro musica inalando dosi massicce di oppio e cloroformio, e rasentando il coma sonoro totale, ma ciò che maggiormente stupisce della proposta dei Nostri è la natura di obesità sonora patologica che la caratterizza. Avete presente quelle persone affette da casi estremi di obesità clinica che sfiorano e superano i quattrocento chili e sono confinate ad un letto rischiando la vita tutti i giorni per effetto del loro stesso peso che le schiaccia? Bene, la musica dei Conan è paragonabile a casi clinici simili in ambito musicale. Nell’ascoltare la loro musica sembra infatti quasi di “ascoltare” il suono di una balena spiaggiata che soccombe sotto il proprio stesso peso. Parliamo di riff talmente lenti, ribassati e gravidi di distorsione che le singole note appaiono quasi indistinguibili le une dalle altre. Si sente solo un costante rombo di tuono in questi riff pachidermici, un’enorme super-cella ciclonica carica di elettricità che crea nubi densissime e ipercompatte di elettricità statica e feedback. Siamo seriamente al limite ultimo del downtuning con questa band. Oltre i Sunn O))), oltre gli Earth, e perfino oltre certi momenti di totale delirio visti nei Melvins. Siamo letteralmente al collasso di ogni nitidezza audio, al punto di non ritorno della basse frequenze andare oltre il quale significa semplicemente perdere ogni nozione di discernibilità sonora e addentrarsi nel territorio dell’oblio totale del watt, in cui le canzoni si trasformano in gorgoglii, i riff in paludi di melma informe e la musica tutta in un buco nero di statica e vibrazioni deformi e incolori. I Conan in questo sono favolosi, si avventurano con enorme caparbietà e coraggio con la loro musica sino al bordo ultimo di questo burrone sonoro immaginario e sono abilissimi nel rimanere li al limite, dove il tutto assume tratti estremi nauseabondi ma tutto sommato ancora entro il raggio del salvabile all’orecchio umano, e restano lì, in questo lido estremo a macinare riffoni giganteschi uno dopo l’altro come se non vi fosse mai una fine. Il risultato è da ecatombe totale: i riff rimasti discernibili assumono tratti grotteschi e di pesantezza impensabili, rasentando il rumore del tuono, prendendo connotati d’immensità difficili da descrivere e la loro pesantezza rimane un qualcosa che tentare di spiegare sino in fondo risulta estremamente complicato. Rimane il fatto che non possiamo che immaginare come questi livelli di abissale downtuning le corde della chitarra e del basso debbano essere talmente lente e flaccide da risultare quasi ingovernabili e dal quale far uscire un suono ancora gradevole sia una missione tutt’altro che semplice. Le voci non rappresentano in vero nulla di esaltante (dozzinale imitazione del miglior Jus Osburn o della rabbia psichedelica espressa da Urlo dei nostri Ufomammut), mentre per quanto riguarda la sezione ritmica, se da un lato il basso segue a ruota l’esagerazione ribassata delle chitarre andando a rincarare severamente la dose di watt invereconda sprigionata, la batteria si muove lungo le prevedibili bisettrici dello sludge e dello stoner doom, assicurando pachidermiche mazzate di beat, senza però rivoluzionare in nulla un impianto percussivo ampiamente già visto ovunque nel genere. L’originalità di questa band sta insomma nella sua pesantezza invereconda, non nello stile, e soprattutto nel suo avventurismo sonico. A pochi infatti verrebbe in mente di spingersi a limiti tali di ribassatezza nell’accordatura per tentare di governare un suono talmente obeso e saturo di rumore da risultare praticamente ingovernabile. I Conan ci sono riusciti invece, e proprio per questo quando decidono che è arrivato il momento di scatenare un pandemonio, a loro basta un singolo riff per far piovere elefanti dal cielo. Colossali.