6.5
- Band: CONAN
- Durata: 00:59:24
- Disponibile dal: 25/04/2025
- Etichetta:
- Heavy Psych Sounds
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“Violence Dimension” è il primo disco dei Conan con David Ryley al basso; l’ex Fudge Tunnel è già stato ampiamente rodato in sede live, e qui aggiunge con naturalezza, tramite le sue quattro corde, tonnellate di fuzz e pece al già corposo sound della band di Liverpool.
Nessuna particolare sorpresa tra i solchi – e ci mancherebbe – al punto che preferiamo optare per un veloce regesto in pillole brano per brano; anche perché di guizzi di particolare interesse, rispetto al sempre elevato mestiere, ne abbiamo colti pochi. “Foeman’s Flesh” è un pezzo potente e allucinato, con un bel basso pulsante e sabbathiano, vero punto di forza del disco ed elemento di merito per la new entry in formazione. “Desolation Hexx” e “Frozen Edges Of The Wound”, complice una durata più contenuta, sono invece i momenti più immediati: ottimi riff, ritornelli belluini, ritmiche serrate con efficaci cambi di velocità: entrambe suonano già perfette per un’intensa pettinata in sede live, sono perfetti paradigmi del terzetto, ma appunto emergono in un calderone spesso troppo, troppo dilatato.
“Total Bicep” è il più classico e devastante degli attacchi frontali in salsa Conan: basso, batteria e chitarra procedono all’unisono come uno schiacciasassi, mentre la stuzzicante title-track è un semi-strumentale doom fumoso ed estenuante, in cui le urla roche di Jon Davis emergono solo sul finale, con modalità quasi declamatoria. “Warpsword” è una sciabolata di appena quarantacinque secondi, perfetta per introdurre il magma ribollente di “Ocean Of Boiling Skin”, una traccia che ha nei suoi rallentamenti psicotici il punto di forza.
L’edizione limitata fornitaci offre in chiusura la bonus track “Vortexxion”, un brano tutt’altro che sgradevole, ma che con i suoi dodici minuti di durata (totalmente strumentali) ci pone di fronte, con ancor più veemenza rispetto alla versione standard del disco, al suo unico limite: cinque pezzi su otto si muovono nell’orbita dei dieci minuti di durata; ottimi per creare alienazione, ma si perde un po’ di mordente e si inizia presto a chiedersi quanti brani siano già passati nello stereo.
Il risultato, senza sfociare nella completa delusione, come detto, è un album forse non propriamente monocorde – anche rispetto alle aspettative che abbiamo verso questi tre amabili cavernicoli – ma decisamente troppo diluito. Una maggior sintesi non avrebbe guastato.
