7.0
- Band: CONCRETE WINDS
- Durata: 00:25:01
- Disponibile dal: 30/08/2024
- Etichetta:
- Sepulchral Voice
Spotify:
Apple Music:
Fra le tante giovani formazioni che nell’ultimo decennio si sono affacciate sulle scene rinverdendo i fasti del metal estremo di una volta, i Concrete Winds hanno impiegato davvero poco per distinguersi, adottando un approccio degenerato e parossistico che li ha quasi portati a giocare un campionato a parte.
Nato dalle ceneri dei Vorum, autori di una manciata di pubblicazioni fra il 2009 e il 2015, il duo finlandese ha subito deciso di regredire ad uno stadio primitivo affine a quello di pochissimi altri colleghi (potremmo citare i Necrowretch degli esordi), il quale gli ha permesso di spingersi oltre il concetto di revival anni Ottanta e di esasperare la lezione di Sarcófago, Repulsion, primi Morbid Angel e Blasphemy, fino a trasformarla in una locomotiva scagliata alla massima velocità contro l’Armageddon.
Una proposta che, dall’uscita del debut album “Primitive Force”, si può dire sia rimasta fedele a questa estetica barbara e ‘no compromise’, e che se da un lato ha permesso alla band di guadagnare i favori della nicchia di pubblico più intransigente e borchiata, giunta all’appuntamento del terzo disco senza sostanziali cambi di passo, inizia fisiologicamente a mostrare un po’ la corda. Se si esclude la produzione di Lawrence Mackrory (Bloodbath, Defleshed, Lik), più piena e curata rispetto al passato, “Concrete Winds” segue infatti lo stesso identico copione dei lavori precedenti, con nove brani per neanche mezz’ora di musica scellerata e tiratissima, a sua volta sospesa tra rumorismo e assalti incapaci di staccare il piede dall’acceleratore.
Un flusso stridente e corrosivo che, dall’opener “Permanent Dissonance” alla conclusiva “Pounding Devotion”, non conosce altro verbo al di fuori di quello dell’annientamento, e che per quanto in grado di suscitare un certo fascino – complici lo screaming psicotico di P.J. e la solita, assurda prova di Mikko dietro le pelli – ci fa sorgere qualche dubbio sulla capacità del progetto di andare oltre il concetto di carneficina. D’altronde, l’effetto sorpresa intorno al moniker è ormai svanito, e crediamo che per continuare ad essere rilevanti ci sia bisogno di evolversi o – quantomeno – di inserire qualche variazione nel songwriting, così da non correre il rischio (telefonato) di scadere nella ripetizione e nella monotonia.
In questo senso, gruppi come gli Ascended Dead o i già citati Necrowretch hanno dimostrato come sia possibile mettersi in gioco senza snaturare la propria visione distruttiva e, dal canto nostro, ci auguriamo che i Concrete Winds abbiano la stessa accortezza. Come si suol dire, alcuni giochi funzionano quando durano poco.