6.5
- Band: CONFLIGO
- Durata: 00:34:23
- Disponibile dal: //2005
Nati nel 1998 come Melmoth, i molisani Confligo hanno adottato l’attuale monicker poco prima della pubblicazione di “Heathen Pride”, primo loro lavoro autoprodotto, interessante concept sulla storia e le gesta dei Sanniti, fiero ed orgoglioso popolo che diede non poco filo da torcere all’Impero Romano. Come la stessa band – in realtà composta solamente da Yhades, voce e chitarre, e da Tifernum, tastiere – ci fa sapere, i connotati folk ed epic di quel lavoro sono stati in gran parte abbandonati, in occasione di questo secondo “The Edge Of Pain”, per dare spazio ad una maggiore influenza gothic, ben evidente durante l’ascolto delle tracce componenti l’album in questione. I Confligo si rifanno in special modo a quella corrente di gothic sinfonico e melodico che vede, soprattutto in Italia, esponenti di notevole livello, come ad esempio i Macbeth e gli Inner Shrine. L’autoproduzione di “The Edge Of Pain”, bisogna precisarlo, non è scevra di difetti, soprattutto sarebbe stata gradita una maggiore potenza delle chitarre, mentre le parti alle keyboard sono, senza ombra di dubbio, fra le cose più piacevoli del platter. Pur non essendo più di tanto originale, la formazione di Isernia dimostra di sapersi districare con bravura tra partiture epico-sinfoniche e sezioni più aggressive, entrambe sostenute da una varietà vocale parecchio incisiva, la quale, probabilmente, è il tocco più particolare che la band riesce a fornire: infatti, oltre al growl particolare ed al cantato pulito di Yhades, sull’album si possono ascoltare la splendida voce soprano di Antonella Raimondi e delle più classiche gothic-female vocals ad opera di Giorgia Guerra. Peccato per l’approssimazione della pronuncia inglese, a tratti imbarazzante, in quanto le lyrics sono interessanti e profonde, come si deduce anche dai titoli dei brani. Le strutture di questi ultimi sono in classico stile gotico – verrebbe da dire “gotico italiano” – ovvero melodiche, delicate e a tratti sognanti, senza però dimenticare un’oscurità di fondo immancabile. La cover di “Moonlight Shadow” di Mike Oldfield è realizzata sufficientemente, mentre particolare attenzione meritano “The Long Farewell (Mors)” e “The Game (Vita)”, senza dimenticare le semplici, ma ottime, parentesi strumentali “Hypnerotomachia (Pavor)” e “Interlude (Meditatio)”, basate su bellissime note alle tastiere. Tutto sommato, “The Edge Of Pain” è un disco più che sufficiente, dotato anche di un artwork professionale e stuzzicante, e che meriterebbe la vostra attenzione, oltre che quella di qualche etichetta dedita al genere. Bravi.