5.5
- Band: CONVULSE
- Durata: 00:40:59
- Disponibile dal: 30/10/2020
- Etichetta:
- Transcending Records
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Una certa apertura mentale è sempre gradita, ma anche un minimo di misura. In questo senso, i Convulse con “Deathstar” commettono una sostanziale ingenuità, dando alle stampe un disco che, con la scusa della ricerca sonora senza limiti, si muove in varie direzioni concludendo poco e lasciando dietro di se una lunga scia di dubbi. Che il death metal non fosse più nelle corde del gruppo finlandese era chiaro ormai da qualche tempo, tuttavia il precedente “Cycle of Revenge” era riuscito a trovare un compromesso interessante fra il background della formazione e le sue nuove velleità prog rock e folk; il risultato fu un album equilibrato e per certi versi coraggioso, non per tutti, ma alfiere di alcuni brani sopra la media. “Deathstar”, dal canto suo, vorrebbe anch’esso porsi come un’opera richiedente un’attenzione nuova e affinata e come un disco fatto di contrasti e trasversalità, ma il suo ascolto lascia perplessi. La band parte dal presupposto che ogni cosa sia permessa nel nome di un’evoluzione musicale che guardi sempre avanti senza farsi condizionare dal proprio passato, ed è qui che si individua il limite principale del disco. I Convulse non sono certo il primo gruppo desideroso di staccarsi dalle sue origini e di sperimentare con sonorità diverse, ma per fare ciò è necessario avere un minimo di criterio, cosa che su “Deathstar” pare spesso mancare. Volendo citare un nome in tutti i sensi vicino ai finlandesi, una realtà come gli Amorphis nella sua carriera ha preso delle decisioni importanti, supportandole puntualmente con cambi di cantante, di suoni e di estetica per raggiungere un risultato il più coerente possibile con le ambizioni del momento. I Convulse, nel nome dell’apertura mentale, hanno invece la pretesa di risultare credibili limitandosi a incollare il proprio logo e il vocione di Rami Jämsä su una musica che a volte si pone a metà strada fra Kingston Wall e Deep Purple, sia a livello stilistico che di resa sonora. Partendo da questo presupposto, è difficile non trovare puerile un brano come “We Sold Our Soul for Rock’n Roll”, nel quale i finlandesi si cimentano in un seventies hard rock condito da assurde growling vocals. Simili esperimenti avrebbero forse potuto risultare curiosi negli anni Novanta, ma oggi non possono che essere visti con scetticismo, anche perchè al massimo possono ricordare i poco felici spunti death’n’roll del secondo album, “Refletions”. A chi può realmente interessare del prog/hard rock con un cantato che potrebbe funzionare sul debut “World Without God”? I Convulse fortunatamente non sono i Six Feet Under, ciononostante l’imprudenza alla base del loro attuale operato non sembra lontana anni luce da quella della band statunitense. È un peccato, in quanto “Cycle of Revenge” si avventurava sì fuori dal seminato, apparendo però quasi sempre intenso e denotando un gioco di contrasti più attento e una certa eleganza nella scelta degli accostamenti; su “Deathstar” l’audacia e il bisogno di ribaltare l’ordinario del terzetto nordico producono invece risultati troppo ingenui, vuoi perché le linee vocali sono fuori contesto, vuoi perché i Convulse, alle prese con questo rinnovato indirizzo stilistico, non sembrano partire da un disegno definito e da un pensiero ambizioso progettato in ogni dettaglio, come è invece avvenuto nel caso degli Opeth o dei suddetti Amorphis.
Anche tenendo conto di un paio di episodi gradevoli, come “Whirlwind” e “The Summoning”, fatichiamo a comprendere quale pubblico riuscirà realmente a capire e apprezzare un lavoro come questo: troppo leggero per i death metaller e al contempo troppo sgradevole – vedi l’impostazione vocale di Jämsä – per i comuni ascoltatori di progressive rock e affini. Serve fermarsi a riflettere e magari considerare un cambio di nome, oppure l’avvio di qualche progetto parallelo con i quali dare sfogo a certi istinti.