7.0
- Band: COREY TAYLOR
- Durata: 00:37:00
- Disponibile dal: 02/10/2020
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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Prima di imbarcarsi nell’Ozzfest 1999, il numero 8 degli Slipknot ebbe gravi problemi alle corde vocali, di conseguenza gli fu vietato di parlare per più di mezz’ora al giorno, tempo che spese ogni sera per esibirsi sul palco. Non ci è dato sapere se questo abbia causato qualche sorta di trauma nella psiche del giovane Corey Taylor, visto che gli anni successivi sono stati una sorta di iperbole nella quale il frontman si è elevato a frenetico, loquace e iper produttivo personaggio attraverso un’assidua attività musicale e non. Dopo che la sua side-band Stone Sour si è più o meno rotta e complice un periodo di riposo forzato il buon Corey, incapace di star con le mani in mano, si gioca oggi la carta “solista”. Il primo singolo “CMFT Must Be Stopped” non ha fatto cadere nessuno dalla sedia con i suoi tratti piacioni e il crossover obsoleto, ma, una volta ascoltato il disco, pur trattandosi di un episodio a sè, lo possiamo definire come rappresentativo perchè incarna l’attitudine principale di “CMFT”: un disco dominato da un’attitudine tra il party rock e l’hair metal, divertente, cazzone e trascinante, figlio di una ritrovata serenità individuale e di un desiderio di positività. La forma, parzialmente inedita, è quella tra rock classico e hard rock, con mille sfumature intermedie che vanno dalle reminescenze Alice In Chains e Stone Temple Pilots (“Silverfish” e “Kansas”) al party rock più sfrenato (“Samantha’s Gone”, “Meine Lux”), passando da country rock fuorilegge “HWY 666”, Clash (“Black Eyes Blue”), AC/DC (“Halfway Down”) e l’autocitazione Stone Sour (“Everybody Dies On My Birthday”). Il finale sbanda un po’ anche a livello di identità, con la piano ballad “Home” e lo scherzo punk rock “European Tour Bus Bathroom Song”, ma è chiaro come il disco sia uno sfogo dell’esuberanza e del contagioso buonumore dell’autore, che riesce grazie al coinvolgimento a rendere l’ascolto molto fluido, direttamente assimilabile e gradevole. Inquadrare ed immortalare questo spettro della dimensione artistica di Corey Taylor è il pregio migliore di una raccolta non certo impegnativa, ma divertente ed efficace come molte uscite contemporanee non riescono ad essere.