9.5
- Band: CORONER
- Durata: 00:40:54
- Disponibile dal: 01/06/1987
- Etichetta:
- Noise Records
- Distributore: Self
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1987: acquistare un LP thrash metal non sapendo nemmeno quello a cui si andava incontro era all’ordine del giorno, ma per fortuna le rivelazioni erano dietro l’angolo. Erano altri tempi, quasi tutto quello di thrash metal che usciva in quel periodo era degno di stare nello scatolone degli LP che ognuno aveva in casa propria. Azionato il giradischi, un’introduzione fa subito sognare grazie a delle splendide note di pianoforte accompagnate da flauto e tastiere… poi arriva l’inferno annunciato darintocchi di campane. E arriva subito uno dei riff più geniali che la storia del thrash metal ricordi. Il primo di molti, a dir la verità. E’ così che inizia uno dei pilastri del thrash metal, il debutto “R.I.P.” degli svizzeri Coroner. L’opener “Reborn Through Hate” è diventata un simbolo, un esempio di metal geniale. Già con un solo brano i Coroner si presentano al pubblico internazionale in maniera persino superba, il loro thrash metal è assolutamente nuovo, complesso e devastante allo stesso tempo, pochi altri gruppi possono vantare infatti così tante idee. Il coro dell’opener è raggelante, ma è soprattutto la voce del cantante/bassista Ron “Royce” a stupire, per quella sua intonazione tutta particolare, una voce leggermente raschiata (qui ci si potrebbe persino vedere i prodromi, come negli inglesi Sabbat del resto, dei futuri cantati in screaming del black metal) e con quell’esaltante – è proprio il caso di dirlo – inclinazione al conato di vomito! I Coroner sono sin da subito perfetti: pesanti, veloci quanto basta, eccelsi nel saper sfruttare la tecnica mettendola al servizio della buona musica, atmosferici per non deludere il senso del monicker che portano. Alla batteria Marky “Marquis” è devastante e tecnicissimo, riesce a dare sempre più di quanto gli venga richiesto ed è così che i Coroner valorizzano anche questo strumento, cosa non comunissima nell’orda thrash metal nascente in quegli anni. Impressiona sapere che i Coroner hanno un solo chitarrista, un fenomeno di nome Tommy “T. Baron”, un uomo che sul palco (per chi ricorda la splendida performance della band nel mega concerto di Berlino per celebrare la riunificazione della Germania, tanto per fare un esempio) riusciva a far suonare la sua chitarra dando l’impressione che in realtà ce ne fossero almeno due! Il secondo brano è persino mistico: “When Angles Die” è un pezzo cupissimo con un coro da brividi. Poi arriva “Nosferatu”, un brano strumentale che è semplicemente poesia della musica. Ma, siccome un grande gruppo lo siriconosce se riesce ad incidere esclusivamente grandi brani, “R.I.P.” non conosce intoppi di sorta, anzi qui sono presenti molti dei cavalli di battaglia della band svizzera: “Suicide Command”, “Coma”, “Fried Alive” e “Totentanz”. I Coroner irrompono nella scena con un capolavoro, ma qualche segnale c’era già stato prima, nel demo “Death Cult” in cui aveva partecipato anche il leader dei Celtic Frost, Tom G. Warrior. Non tutta la stampa si è subito accorta che era nata una stella nel firmamento del thrash metal (a quel tempo ancora piuttosto bistrattato, almeno in Italia, perché considerato un genere troppo grezzo, uno sfogo per alcolisti birraioli), ma già con l’album successivo ai Coroner venne riconosciuto lo status di gruppo geniale, tanto che gli elvetici furono una delle poche formazioni ad avere nelle valutazioni il massimo dei voti dalla stampa – compreso il pieno di ‘pipistrelli’ del Metal Shock dell’epoca, rivista piuttosto parca nei voti quando c’era da giudicare un qualsiasi gruppo thrash metal, e che prese inevitabilmente delle cantonate editoriali non indifferenti, in quanto il thrash metal non è stato uno sfogo destinato a durare al massimo un paio d’anni come forse qualcuno pensava, ma negli anni ’80 si rivelò una delle forze trainanti dell’intero mondo metallico). I Coroner sono stati capaci di raggiungere sin da subito la perfezione: la produzione di “R.I.P.” infatti è di gran lunga al di sopra della media dell’epoca. Non è facile descrivere un brano dei Coroner proprio perché nessuna altra band suonava alla stessa maniera del trio svizzero, un nuovo modo (piuttosto sofisticato) di comporre riff thrash metal, ritmi non impazziti ma articolati e comunque trascinanti, una voce maligna assolutamente attraente: questi erano solo alcuni aspetti che hanno permesso ai Coroner di raggiungere uno status di intoccabili. Nella musica esiste per fortuna anche un’oggettività di fondo: provate a chiedere a qualunque thrasher di vecchia data che incontrate cosa pensa dei Coroner; solo così capirete cosa questa band ha rappresentato per un’intera generazione di incalliti birraioli. Per questa gente le note dei Coroner riecheggiano ancora nell’eternità!