7.5
- Band: CORPSING
- Durata: 00:18:49
- Disponibile dal: 07/02/2025
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Avevamo lasciato i londinesi Corpsing alle prese col loro mix di death metal ‘made in Florida’ e svisate tech/prog dai forti richiami agli ultimi Gorguts e Ulcerate, nel loro ultimo full-length, uscito nel 2020 e intitolato “Civilization Under Nefarious Tyrants”; li ritroviamo più o meno immutati, almeno dal punto di vista stilistico, in questo nuovo EP, “Viewing The Invisible”, nuovamente pubblicato in modo indipendente.
Anche gli strappi black metal, riecheggianti il lavoro dei celebri concittadini Akercocke, sono ancora ben presenti nel tessuto sonoro dei Nostri (sintomatica, in tal senso, la presenza di Jason Mendonça proprio degli Akercocke come ospite alla chitarra nel brano di apertura “Be The Pack”, così come quella di Luc Lemay dei Gorguts alla voce nel brano “Soul Paralysis”). Ciò che invece è cambiato è la line-up: a completare la formazione, capitanata come sempre dall’italianissima coppia d’asce formata dai fratelli Giuseppe e Michele Cutispoto, troviamo questa volta Leviathan alla voce, James Cormack al basso e Subash Rana alla batteria.
Dopo un album dai contenuti concettuali fortemente politici come il succitato “Civilization Under Nefarious Tyrants”, i Corpsing tornano sul mercato con un EP maggiormente incentrato su temi filosofici e introspettivi, pur senza rinunciare all’approccio caustico che li ha sempre contraddistinti: “Viewing The Invisible” è infatti un viaggio nel malessere interiore nascosto dietro la maschera quotidiana, concretizzato sotto forma di death metal asfissiante e spigoloso.
L’opener “Be The Pack” è quantomai esplicativa delle attuali intenzioni della band, col suo tiro implacabile e brutale, memore della lezione dei migliori Morbid Angel, Suffocation e, soprattutto, Immolation, innervato da soluzioni più moderne, vicine tanto al tech-death metal quanto a un certo modo di intendere il djent e l’avant-garde (soprattutto nell’uso salmodiante dei cori e delle seconde voci, per quanto riguarda quest’ultimo aspetto stilistico).
L’esperienza maturata dai fratelli Cutispoto in più di vent’anni di militanza nella scena si sente tutta: questo brano, così come i successivi “A Heart Hurts, A Heart Works”, “Soul Paralysis” e “View The Invisible”, mettono in mostra una padronanza tanto della scrittura quanto dell’arrangiamento di primissimo livello, dove nulla è lasciato al caso e ogni dettaglio concorre alla valorizzazione di ogni singola composizione. Molto interessanti anche gli assoli, riecheggianti in più di un’occasione sentori di Fredrik Thordendal e dei suoi Meshuggah.
L’unico aspetto che potrebbe risultare ostico ai deathster non cresciuti a pane e dissonanze potrebbe essere proprio questo: il fatto che tutte le porzioni chiamate a caratterizzare i vari brani siano, per loro natura, deviate e inafferrabili – e quindi passibili di sembrare assai poco caratterizzanti, per orecchie abituate ad altri tipi di incisi.
Detto questo, è bene anche sottolineare come l’estrema compattezza dei brani qui proposti, nonché l’evidente amore dei Corpsing nei confronti del death metal old-school, soprattutto in fase di riffing, possa consentire alla band italo-londinese di fare breccia nei padiglioni auricolari tanto dei fan più tradizionalisti quanto di quelli innamorati delle derive più trasversali e moderne del genere, con entrambe le fazioni che potranno trovare di che godere fra i solchi di questi quattro nuovi brani.
La palma della migliore composizione, per chi scrive, va all’articolata e straniante “View The Invisible”, ma in questo EP c’è davvero tanta, buona, carne al fuoco. Speriamo che a questo lavoro possa fare seguito un full-length altrettanto valido.