7.0
- Band: CORPUS DIAVOLIS
- Durata: 00:44:02
- Disponibile dal: 06/04/2017
- Etichetta:
- ATMF
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Giunti al terzo full length, i marsigliesi Corpus Diavolis approdano finalmente a un contratto discografico. Questo “Atra Lumen” esce per l’italiana Aeternitas Tenebrarum Musicae Fundamentum, label forse non prolificissima, ma che ha regalato negli anni diverse perle; magari non di fama smisurata, ma meritevoli di attenzione, proprio come in questo caso. Qui i Nostri portano a compimento il loro suono, perfetta espressione di un’etichetta spesso abusata, ossia quel blackened death che vuol dire tutto o niente, e spesso è solo cacofonia senza capo né coda; ma qui gli elementi importanti per definire questa fusione ci sono tutti, e ottimamente calibrati: il cantato roco e violento, il riffing ossessivo, una produzione volutamente sporca che ben sottolinea l’atmosfera da sabba oscuro e alieno insieme. I quattro membri della band, ça va sans dir, si presentano incappucciati e dietro pseudonimi, il che aumenta la sensazione di trovarsi all’interno di un rituale brutale, le cui cadenze sono molto ben espresse, per esempio, in “The Ardent Jewel Of His Presence” – grazie al tremolo riffing di vecchia scuola e le linee vocali lente e ipnotiche, il tutto in perfetto contraltare con la batteria. Batteria che per tutta la lunghezza dell’album la fa davvero da padrona; costruendo in certi brani ritmiche più doomeggianti e esoteriche, come in “Flesh To Flesh”, completata all’uopo da campane di sabbathiana memoria, o in buona parte di “Wine of The Beast”, impreziosita anche da un breve intermezzo di pianoforte effettato. Oppure votandosi alle accelerazioni più furenti ed estreme, presenti fin dall’opener e al loro apice in “Thy Glorification”, un pezzo che potrebbe esser stato scritto senza problemi nel 1994 all’ombra della cattedrale di Nidaros. Due approcci che talvolta convivono pure, e bene – ne è magistrale esempio “L’Oeil Unique” – e portano alla mente certe cose della scuola finlandese più fangosa e maligna (Anal Blasphemy e compagnia, per intenderci). Molto azzeccati anche i passaggi più epici, come nella splendida “Signs Of End Times”, brano furente e al tempo stesso evocativo, che conferma le buonissime doti compositive della band, in grado di offrire le giuste variazioni in un assalto frontale privo di cedimenti.