
8.0
- Band: CORPUS OFFAL
- Durata: 00:49:27
- Disponibile dal: 21/03/2025
- Etichetta:
- 20 Buck Spin
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Nel sottobosco death metal statunitense degli ultimi anni, non molti dischi hanno lasciato un segno profondo come i due album dei Cerebral Rot, “Odious Descent into Decay” e “Excretion of Mortality”. Il loro suono, vischioso e opprimente, ma anche sottilmente melodico a tratti,
ha contribuito a riportare in auge un certo tipo di death-grind sotterraneo, giocando un ruolo chiave anche nella definitiva affermazione della 20 Buck Spin, etichetta che oggi è diventata un punto di riferimento per il genere.
L’improvviso scioglimento del gruppo è stato un colpo inaspettato, lasciando un vuoto che sembrava difficile da colmare. Ma quando il fumo si è diradato, dalle macerie è emerso un nuovo nome: Corpus Offal. Un cambio di moniker, certo, ma il cuore pulsante della band è rimasto lo stesso, con i chitarristi Ian Schwab e Clyle Lindstrom pronti a riprendere il discorso interrotto, questa volta affiancati da una sezione ritmica di grande esperienza, composta dal bassista Jason Sachs (ex Demoncy) e dal batterista Jesse Shreibman (Bell Witch, Autophagy). Con questa formazione alle spalle, il duo al timone si è quindi lanciato nella creazione di un suono che rielabora quanto di meglio realizzato in passato, ma con una nuova energia e una più pronunciata ricercatezza. La presenza di musicisti con un bagaglio di esperienze così ampio e consolidato rende la line-up una sorta di “all star band”, un collettivo che racchiude alcuni dei maggiori talenti della prolifica scena del Pacific Northwest statunitense.
Non a caso, fin dall’inizio, l’album si impone come un lavoro stratificato e costruito con cura, offrendo una tracklist che, a livello stilistico, riprende quanto magnificamente esposto sui due album targati Cerebral Rot, facendo colare sull’ascoltatore una nuova massa informe di ascendenza death-grind che ancora una volta si nutre di riff striscianti, stralunate punteggiature melodiche e strutture labirintiche. I brani, infatti, anche questa volta si rivelano piuttosto lunghi e presentano numerose ‘stanze’, come se per ogni traccia si entrasse in una sorta di lunga galleria dell’orrore e venissimo condotti davanti a un quadro più atroce dell’altro. La varietà di riff, ritmiche e registri è ormai uno dei cosiddetti trademark del duo e di questa nuova formazione, che anche qui, almeno in principio, ama dare l’idea di essere completamente lunatica e ripugnante, per poi spiazzare tutti con architetture quasi progressive e una caratterizzazione dei singoli brani sempre più puntigliosa.
Ogni pezzo è un tassello di un mosaico complesso, in cui si susseguono sezioni articolate, insistenti cambi di tempo e soluzioni armoniche che arricchiscono le trame senza mai tradire la violenza di fondo. Il risultato è un’opera che, proprio come era stato per “Excretion of Mortality”, non si limita a colpire a testa bassa, ma che stimola costantemente l’ascolto con uno sviluppo sì intriso di imprevedibilità, ma che al contempo non risulta mai pretenzioso. La vasta gamma di idee del quartetto, infatti, si manifesta qui in modo fluido e mai troppo ostentato: i brani si evolvono con naturalezza, restando fedeli e coerenti ai canoni estetici e identitari del gruppo, senza perdere il vigore e la carica distruttiva che ci si aspetta da un album di questo genere. Il primo singolo, l’omonima “Corpus Offal”, in questo senso è esemplare nel presentarci la caleidoscopica trasversalità polimorfa della band e nel farci penetrare più stati d’animo a suon di riff demolitori e collisioni tra melodie scintillanti.
Fondamentale per la resa finale è poi la produzione del famoso produttore Billy Anderson (Melvins, Sleep, Bell Witch), il quale riesce a valorizzare la densità sonora della band senza appiattirne le sfumature. Il risultato è un suono massiccio, avvolgente e squisitamente organico, in cui ogni strumento trova il proprio spazio pur contribuendo a un impatto generale monolitico.
Alla fine dell’ascolto, “Corpus Offal” si conferma dunque come un debutto estremamente solido e ispirato, che non solo raccoglie l’eredità dei Cerebral Rot, ma la sviluppa in una direzione ancora più definita. Il disco mantiene intatta la visceralità del death metal più putrido di antica origine finnica e del death-grind più strutturato, ma il denso songwriting del gruppo conduce questi elementi su un diverso livello narrativo, per un suono erosivo e materico che cresce per stratificazione e poi finisce in una catarsi elettrificata, invasata e martellante, che trascina nelle sue fauci implacabili qualsiasi velleità di opposizione e di resistenza.
Un lavoro che non si accontenta di ripetere formule già note, ma le rielabora con intelligenza e una visione più ampia. Se questo è solo l’inizio, il futuro della band si prospetta decisamente interessante.