7.0
- Band: CORROSION OF CONFORMITY
- Durata: 00:43:12
- Disponibile dal: 28/02/2012
- Etichetta:
- Candlelight
- Distributore: Audioglobe
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Molti sicuramente non ricorderanno nemmeno che i Corrosion Of Conformity inizialmente erano dediti al punk hardcore e che Pepper Keenan entrò in formazione solamente dieci anni dopo la nascita della band. In effetti, a causa dell’indubbio talento di Pepper e della sua personalità importante vi é la tendenza ad identificare il gruppo con il proprio singer, dimenticandosi del fatto che i membri fondatori, l’ossatura dei CoC è formata proprio dagli altri membri, ovverosia Mike Dean, Reed Mullin e Woody Weatherman. Oggi, dopo una lunga pausa durante la quale soprattutto Keenan ha avuto modo di consolidare la sua fama con i Down, i ragazzi tornano alla carica con un album autointitolato che al proprio interno ci offre un clamoroso tuffo nel passato e soprattutto – cosa di capitale importanza – che è stato registrato senza Pepper dietro al microfono! Il ruolo di lead singer è affidato quindi al bassista Mike Dean, proprio come ai tempi del mitico “Animosity”. Diciamo subito che una comparazione tra le due voci è difficilmente realizzabile, dato che Dean, al contrario di Pepper, è in possesso di una voce non potentissima, sebbene assolutamente calzante per il materiale composto. Keenan comunque non è stato estromesso dalla band, ma semplicemente non è stato coinvolto nelle jam che hanno portato gli altri ragazzi a realizzare “Corrosion Of Conformity”. Se siete abituati al sound muscolare e metallico dell’era Keenan, questo nuovo album potrebbe lasciarvi alquanto sorpresi, dato che qui la parte del leone la fa quell’esplosiva commistione di hard rock sudista, punk e classic metal che aveva permesso ai CoC di essere considerati dei veri e propri innovatori negli eighties, prima che esplodessero definitivamente con il successo di “Vote With A Bullet”. Tanto sudore, quindi, tanta energia ed un’indole punk – non hardcore! – tornata finalmente a galla con prepotenza, che flirta sboccatamente con quel rock duro di stampo confederato che dona alle composizioni quel flavour “maschio” e redneck che da sempre ed in modo trasversale ammanta tutti i lavori dei ragazzi di Raleigh. Dalle sparate di “Psychic Vampire” e “Leeches” si passa alle melodie kingdiamondiane di “River Of Stone” e si arriva alla southern ballad “El Lamento De Las Cabras”. In successione, poi, arrivano i due singoli “Your Tomorrow” e “The Doom”, con quest’ultima che già dal titolo fa capire dove andrà a parare. “The Moneychangers” scappa via piuttosto inutilmente tra punk e hard rock, mentre “Newness” è lenta, melliflua e mette in luce quella vena bluesy ben presente anche nell’era Keenan. “What We Become” recupera istanze dei penultimi CoC, mentre “Rat City” è un up tempo rockeggiante, ma non particolarmente incisivo. La conclusione è affidata a “Time Of Trials”, brano non particolarmente riuscito sotto il profilo melodico, mentre le costruzioni ritmiche sono decisamente azzeccate. Questo ritorno dei Corrosion Of Conformity denota una voglia di tornare a suonare divertendosi, dato che è piuttosto evidente che tutti i brani nascono da jam session improvvisate dove la musica scorre spontanea e senza vincoli. In molti rimpiangeranno Pepper? Probabilmente s’, ma ciò non toglie che “Corrosion Of Conformity” – pur con qualche alto e basso di troppo – rimanga un perfetto esempio di come i ragazzi siano dotati di indubbio talento e di tanto buon gusto.