9.0
- Band: CORROSION OF CONFORMITY
- Durata: 00:54:24
- Disponibile dal: 27/09/1994
- Etichetta:
- Sony
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Quarto disco per la formazione del North Carolina, primo con Pepper Keenan alla voce. Primo disco per Columbia. Primo album della band ad entrare nella classifica Billboard. Un disco sicuramente essenziale per la carriera dei Corrosion Of Conformity. Abbandonate tutte le affinità con il punk-hardcore che li avevano tenuti legati nel primi tre lavori, in “Deliverance” invece l’influenza principale sono i Black Sabbath e Jimi Hendrix. Riff monolitici e groove quasi-stoner accompagnano l’ascoltatore per circa un’ora di musica con le palle quadrate. Keenan imposta le sue tonalità crude e bluesy sulle composizioni della sua sei corde, riuscendo ad apparire un grande cantante, anche se solo alla prima performance da lead singer, superando le prove del buono-ma-nulla-di-particolare Karl Agell. I riff dei primi tre pezzi sono da scuola del rock, in particolare “Albatross”, apparsa magicamente anche sul videogame Guitar Hero: Metallica. “Albatross” è uno di quei pezzi che vengono fuori una volta nella vita, e che si stampano indelebili nella memoria di ogni ascoltatore fin da subito. Amore a prima vista. Reed Mullin dietro le pelli e Mike Dean al basso sono impeccabili, e le due chitarre, Keenan e Weatherman, sono ispiratissime. “Clean My Wounds” è l’altro singolone del disco, immancabile in ogni setlist da lì in poi. “Help me Jesus, help me clean my wounds /He said he cannot heal that kind /Bleeding soul becomes a bitter mind / He said it happens every time…”. Anche le battute liriche non si risparmiano in brillantezza e coerenza. “Broken Man” introduce la parte heavy del disco. Imponente, incredibilmente southern, anticipa molto dei capolavori dei Down. Gli anni Settanta si fondono con il crossover in “Senor Limpio”, un must assoluto per diecimila gruppi che, se non si può dire siano nati da qui, almeno ci sono passati. Black Label Society in primis. Tutto è condito da intermezzi acustici che intervallano le tracce e risultano un piacevole toccasana per orecchie, cuore e mente. Poi quando introducono parti come l’intro di “Seven Days” è tutta manna dal cielo. Una quasi Lynyrd Skynyrd song dal tocco crudo, eppure fortissima. Una carezza distorta da Cadillac e deserto. L’album non è perfezione assoluta. Ed è questa la sua bellezza. Polverosa, distorta, pesantemente heavy, eppure non veloce e incazzata come ci si potrebbe aspettare. “My Grain” è comunque un colpo fortissimo e un crossover micidiale tra punk, anni Settanta, groove quasi-funk e blues sudista. Il wah wah di “Deliverance” introduce un altro mezzo capolavoro, con Mike Dean (anche) dietro al microfono. Le ultime tracce, in particolare “Pearls Before The Swine”, invece tendono maggiormente alla psichedelia e chiudono appropriatamente un grande disco. Fischiettando nel deserto. Si potrebbe parlare a lungo di questa band. In un angolo di America e di qualche spazio sulle riviste, i Corrosion Of Conformity hanno detto parecchio sia coi primi tre dischi sporchi e ruvidi di critica sociopolitica, sia con la ripresa sabbathiana e stoner iniziata con questo piccolo capolavoro degli anni Novanta. Si potrebbe parlare a lungo, dicevamo. Ma non sarebbe appropriato alla loro storia.