
7.0
- Band: COSMIC CATHEDRAL , NEAL MORSE
- Durata: 01:11:25
- Disponibile dal: 25/04/2025
- Etichetta:
- Inside Out
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Cosa può fare un musicista che ha già pubblicato dozzine di album per mantenere vivo l’interesse del pubblico e l’ispirazione, senza ristagnare e ripetersi anno dopo anno? E’ una domanda a cui l’instancabile Neal Morse ha provato a rispondere con il suo nuovo progetto, l’ennesimo, che lo vede al fianco di Chester Thompson alla batteria, Phil Keaggy alla seconda chitarra e alla voce, e Byron House al basso.
I quattro sono tutti dei musicisti eccezionali e “Deep Water” rappresenta un compendio di cosa voglia dire suonare prog rock quando la materia è affidata alle mani di veri e propri maestri. Ciascun musicista porta in dote la propria esperienza e stile, ma è evidente come il motore delle composizioni sia ancora il buon Neal Morse, che ci consegna un disco molto vicino al suo classico stile solista, quello di “Sola Scriptura”, per intenderci. Lo stesso vale per i testi e le tematiche, che sono sempre a carattere religioso, come da tradizione.
Le atmosfere sono sempre pacate e luminose, perfette per trasportare il messaggio pieno di buoni sentimenti voluto da Morse, mentre il contributo dei suoi compagni di band appare più evidente negli arrangiamenti, in cui fanno capolino spesso innesti fusion, passaggi jazzati, oltre ad una vena melodica dal sapore beatlesiano.
Anche “Deep Water”, come la maggior parte degli album firmati da Neal Morse, è un lavoro dalla durata enorme, settantuno minuti suddivisi fondamentalmente in due macrosezioni: la prima metà dell’album raccoglie canzoni autonome e slegate tra loro, mentre la seconda parte è interamente dedicata alla “Deep Water Suite”, un’opera in nove capitoli che, sommati, occupano da soli trentotto minuti dell’album.
Nella prima parte emergono soprattutto il brano di apertura, “The Heart Of Life” che, con i suoi tredici minuti di durata, rappresenta un ottimo compendio delle potenzialità date dall’unione di Neal Morse con lo stile dei suoi nuovi compagni di viaggio; e soprattutto “Time To Fly”, composizione elegante, jazzy, abbellita da un uso dei fiati dolcemente retrò e tutt’altro che stucchevole.
Un po’ furbetta, invece, la “Deep Water Suite”, che utilizza il classico escamotage per la gestione di una tale massa di note. I singoli capitoli, di fatto, sono canzoni a sé stanti, che funzionano anche fuori dal contesto della suite e che sono state scritte come tali. Morse, con il contributo di Jerry Guidroz, ha poi assemblato queste idee musicali in un percorso unitario, che mantiene una sua coerenza stilistica grazie a temi ricorrenti, come le tre parti intitolate “Launch Out”, oppure il vocoder di “Deep Water Suite Intro”, che compare anche in alcuni passaggi successivi.
Il bilancio finale del disco, per concludere, è un po’ racchiuso nella domanda che trovate in apertura. E’ evidente che anche Neal Morse inizia a sentire un po’ di affanno nel mantenere il suo mostruoso ritmo di pubblicazione. Già in “No Hill For A Climber”, Neal aveva provato a guardare al di fuori del suo giro abituale per trovare un po’ di supporto: lì era un manipolo di musicisti giovani e sconosciuti, qui una manciata di veterani di grande esperienza. Espedienti più che comprensibili, che hanno permesso a Neal di portare a casa un risultato sempre onesto e dignitoso.
I Cosmic Cathedral non aggiungono niente di davvero irrinunciabile alla carriera di Neal Morse, ma hanno raggiunto l’obiettivo che si erano prefissati. Ora aspettiamo il prossimo disco del polistrumentista che, ne siamo certi, non si farà attendere troppo a lungo.