7.5
- Band: COSMIC FARM
- Durata: 00:49:56
- Disponibile dal: 25/04/2005
- Etichetta:
- Mascot Records
- Distributore: Edel
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Rock-fusion di classe per il progetto denominato Cosmic Farm, che vede al suo interno Craig Erickson alle chitarre, Rob Wasserman al contrabbasso a sei corde, T Lavitz alle tastiere (quasi esclusivamente Hammond) e Jeff Sipe alla batteria. Un ensemble di bravissimi musicisti, che ci propongono dieci pezzi di purissima fusion, con qualche capatina nel jazz e nel progressive rock, specialmente in alcune costruzioni strutturali. Enerica e frizzante l’opener “Steel Rider”, invero forse l’unico pezzo tirato, per quanto tirato possa essere un pezzo fusion. La sensazione che si prova ascoltando pezzi di questo tipo, è quellla di trovarsi in un pub fumoso nelle campagne americane, circondato dal nulla. Vi sentirete circondati da suoni caldi, organici, pulsanti. Certo, questi Cosmic Farm non stanno inventando proprio nulla, ma quello che sanno fare lo fanno davvero molto bene, non c’è che dire. Fatevi cullare dalla dolcissima “The Fine Scenery”, dalla saltellante “Space Rooster”. Ed esaltatevi pure all’ascolto della stupenda “Strange Train”, forte di un Rob Wasserman davvero in palla con il suo contrabbasso, degno di essere avvicinato come stile a sua maestà Tony Levin. Francamente chi scrive non ha apprezzato le tre tracce più corte dell’album, musicalmente collegate tra loro. Parliamo di “Interstellar Interlude”, “Jupiter East” e “Jupiter West”. Le tracce sono senza una costruzione, ed anche considerandole come degli intermezzi, stentiamo ad accettarle nel contesto dell’album. La vera conclusione del lavoro andrebbe affidata alla invece penultima “Forecast”, dove un pianoforte fortemente influenzato dal jazz, scolpisce davvero un mare di stupende note nel nostro cuore. Globalmente, possiamo tranquillamente ritenerci soddisfatti dell’ascolto, e non possiamo esimerci dal tessere le lodi di questo lavoro che, a parte i sopracitati cali di tono, si assesta su una abbondante sufficienza. Inevitabilmente parliamo di un lavoro dedicato agli amanti del jazz/fusion, e forse anche gli amanti del progressive potrebbero ritrovarcisi. Tutti gli altri sono avvisati.