7.5
- Band: COWARDS
- Durata: 00:27:23
- Disponibile dal: 15/09/2013
- Etichetta:
- Throatruiner Records
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Un bel segno della croce. Deve iniziare con questo semplice gesto l’ascolto di questo EP stupratore. Con una preghiera di misericordia. Vanno implorati tutti i santi e va fatta esplicita richiesta che questi preservino quanto possibile l’integrità dei nostri timpani e il nostro equilibrio mentale. Indicatori allarmanti di una scena hardcore e metal francese sempre più in preda ad una ebollizione creativa esaltante, i parigini Cowards ci presentano il loro primo EP sotto forma di un conto salatissimo da pagare – di tanti timpani sfondati e di tanti crani frantumati per effetto dell’ascolto di suddetto abominio. Non è certo fisica quantistica la musica dei Cowards, anzi, forse è quanto di più basilare si possa immaginare nel campo post-hardcore oggigiorno. Ma non è questo il punto, non è questa la riflessione che vogliamo fare. Ciò che vogliamo veicolare è l’inumana violenza del lavoro che viene portata a termine tramite una essenzialità stilistica e una semplicità assolutamente incredibile. I Cowards con “Hoarder” hanno realizzato il sogno proibito di ogni band post-hardcore, ovvero hanno raggiunto il massimo risultato con il minimo sforzo. La loro unione di sludge e metalcore infatti viaggia su un binario unico, fatto di massacranti riff hardcore di sputtanatissima derivazione convergiana, forzati in un’escalation di violenza inaudita ottenuta tramite l’enormità del classico riffing sludge-doom di chiarissima matrice Eyehategod, Buzzov-en, Cavity, eccetera, e senza sdegnare neanche l’inclusione di un utilissimo apporto stilistico dal taglio più moderno preso in prestito direttamente dai Fudge Tunnel, dai Godflesh e dai Melvins. Le strutture compositive ideate dai Nostri si destreggiano benissimo tra colossali badilate sludge, repentine accelerazioni hardcore in pieno stile The Secret o Nails e mid-tempo squassanti che richiamano alla mente la prima ora del post-hardcore di scuola HydraHead, ovvero Botch, Breach, Drowningman, Coalesce e Keelhaul. Andranno lontano, molto lontano, e non perché apriranno chissà quali porte sul futuro, ma perché ne abbatteranno semplicemente le pareti facendosi strada a forza, come il bulldozer che sono. Il sigillo finale sul supplizio folle concepito dalla band si materializza in chiusura con una spastica e deforme cover di “Blessed Persistence” degli 16 Horsepower, ennesima riprova che questi quattro parigini sono tutto fuorché persone normali. Grandiosi.