voto
6.5
6.5
- Band: CRADLE OF FILTH
- Durata: 01:11:02
- Disponibile dal: 08/07/2016
- Etichetta:
- Cacophonous Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Nel 1996 il black metal e la musica estrema in generale vennero squassati dalla pubblicazione di un album intitolato “Dusk… And Her Embrace”, la scena di spaccò in due, tra chi gridava allo scandalo e additava i Cradle Of Filth come gli uccisori di un intero genere e chi li osannava come la massima espressione di un’erotica decadenza che avrebbe conquistato legioni di proseliti. Sono passati vent’anni da allora e una cosa è certa: “Dusk… And Her Embrace” rimane un album fondamentale che ha influenzato una miriade di musicisti e che, come tutti i grandi album, ha fatto da spartiacque tra ciò che c’era prima e quello che è stato dopo. Eppure non tutti sanno che questo lavoro rischiava di non vedere mai la luce e si porta dietro una storia che vale la pena di essere raccontata. Dopo la pubblicazione del debutto dei Cradle Of Filth, “The Principle Of Evil Made Flesh”, la band si ritrovò ad affrontare uno dei periodi più brutti della sua carriera, prima per una pesante disputa legale con la Cacophonous Records e subito dopo per l’abbandono di metà della band (i chitarristi Paul Allender e Paul Ryan e il tastierista Benjamin Ryan). Fortunatamente il padre e padrone Dani Filth non si diede per vinto e la band riuscì a non sciogliersi, il contratto con la Cacophonous, che aveva i diritti per due album, venne rispettato con la pubblicazione dell’EP “V Empire” e la band venne ricostruita in fretta e furia, con l’ingresso di Stuart Anstis alla chitarra e Damien Gregori alle tastiere, seguiti dopo poco tempo dal secondo chitarrista Gian Pyres. Forti di una nuova formazione e di un contratto con la Music For Nations, i Cradle Of Filth diedero alle stampe quello che molti considerano il loro capolavoro. Fin qui è storia nota, ma rimaneva ancora un tesoro nascosto che molti fan della band inglese erano curiosi di portare alla luce: prima che scoppiasse il putiferio che portò all’album che tutti conosciamo, “Dusk… And Her Embrace” era già stato praticamente ultimato con la vecchia formazione, quasi pronto ad essere pubblicato proprio dalla Cacophonous Records. Finalmente oggi abbiamo la possibilità di ascoltare quei nastri, ovviamente rimasterizzati e tirati a lucido per l’occasione, grazie alla pace fatta tra la band e l’etichetta e al lavoro di recupero del vecchio materiale iniziato da Dani già con il demo “Total Fucking Darkness”. La tracklist dell’album mostra qualche differenza rispetto alla versione nota, intanto per la presenza di “Nocturnal Supremacy”, inserita poi in “V Empire”, mentre manca “Malice Through The Looking Glass”, unica composizione che non era già stata preparata dalla vecchia formazione; inoltre cambiano leggermente alcuni titoli e l’ordine delle canzoni e viene inserito uno strumentale in più, “Carmilla’s Masque”, che era già stato ripescato per una vecchia edizione limitata. Dato che questa recensione sta già raggiungendo delle dimensioni ragguardevoli, non vi tedieremo con un confronto traccia per traccia tra le due versioni, ma qualche considerazione ovviamente va fatta. Intanto, partiamo da un assunto di base: come suona questo “Dusk… And Her Embrace – The Original Sin”? Presto detto, e sembrerà banale come affermazione: l’album ha un sound molto più vicino a “The Principle Of Evil Made Flesh”, è meno gotico, meno romantico, se vogliamo, più graffiante e oscuro. Le differenze tra i due album si sentono eccome, però attenzione, non ci sono stravolgimenti particolari a livello di arrangiamenti e struttura dei brani, tutto è giocato sull’atmosfera e, ovviamente, sulla performance dei singoli musicisti. Su questo aspetto vale la pena di soffermarsi un po’, viste le profonde differenze di line-up in campo: per quanto riguarda le chitarre, la coppia Allender/Ryan non aveva certamente niente da invidiare a Stuart Anstis e Gian Pyres, anzi, si sente come Dani fosse più che soddisfatto dei riff creati dai due ex compagni. Decisamente più debole, invece, è la prova del bassista Jon Kennedy, che aveva temporaneamente rimpiazzato Robin Graves, all’epoca delle registrazioni impegnato nel suo progetto parallelo dei December Moon. Le maggiori differenze, infine, si notano tra le partiture di tastiera: le orchestrazioni di Damien Gregori sono magniloquenti, avvolgenti e sono senza dubbio uno dei punti di forza del capolavoro del ’96, eppure Benjamin Ryan in questa versione dell’album si distingue con una prova maiuscola, basterebbe sentire “The Graveyard By Moonlight”, assolutamente spettrale in questa veste. Gran parte delle tracce di batteria di Nick Barker sono state trasposte da una versione all’altra e rimangono quindi invariate, mentre le parti vocali di Dani sono state riregistrate e in “Dusk… And Her Embrace – The Original Sin” sono meno lancinanti e acute. Certo, potrebbe venire spontanea la domanda su quale sia la versione migliore di “Dusk… And Her Embrace”, ma onestamente ci sembra una disquisizione di lana caprina: non si riscrive la storia, l’album pubblicato dalla Music For Nations rimane quello originale, storico ed irripetibile, mentre questa pubblicazione è sicuramente interessante ma dedicata ai fan della band che già conoscono a menadito l’opera originale. Oltretutto, a voler essere filologici, quest’album non può nemmeno considerarsi la versione originale di “Dusk… And Her Embrace”, perché si tratta comunque di un lavoro masterizzato nel 2016, con tecnologie di vent’anni più moderne rispetto a quelle usate per l’album della Music For Nations. Nonostante tutto, comunque, rispetto a tante altre pubblicazioni inutili dei Cradle Of Filth (edizioni deluxe, EP discutibili, remix, brutte versioni orchestrali…), questa risulta essere non certo irrinunciabile, ma almeno un interessante tassello all’interno della discografia del gruppo.
Nota finale: il voto è da riferirsi all’operazione discografica, non al valore delle composizioni che è ovviamente molto più elevato.