7.0
- Band: CRADLE OF FILTH
- Durata: 01:06:00
- Disponibile dal: 28/10/2008
- Etichetta: Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
Spotify:
Apple Music:
E sono ancora qui. A due anni di distanza dal tonfo di “Thornography”, e quando ormai in molti auspicavano per il non certo statuario frontman un pacifico impiego in veste di nano da giardino, tornano a farsi sentire i vampiri più famosi d’Inghilterra. “Godspeed on the Devil’s Thunder”, ottavo album per i sudditi di Sua Maestà, si presenta bene a partire dall’enfatico titolo, e, diciamolo subito, non delude per una volta le aspettative e i trionfalistici proclami della vigilia. Da registrare innanzitutto a livello lirico un ritorno alla formula del concept, nella fattispecie ispirato alla controversa figura di Gilles De Rais. Chi era costui? Una sorta di Patrick Bateman ante litteram – nobile e valente condottiero di giorno, autore di efferati delitti di notte: leggenda vuole che abbia ucciso centinaia di bambini prima di venire impiccato – la cui figura, risalente al XV secolo, rappresenta a tutti gli effetti l’archetipo del moderno serial killer. Ma le novità in casa Filth non sono certo finite qui: accantonate momentaneamente le velleità commerciali che, grazie anche a collaborazioni chiaccherate e cover di dubbio gusto, avevano minato la credibilità delle loro ultime produzioni, i nostri tornano anche a livello musicale a concentrarsi sul songwriting, sfornando per l’occasione il loro miglior album dell’epoca Roadrunner. Il segreto della rinascita? Tanto semplice quanto efficace: un utilizzo massiccio delle orchestrazioni (praticamente omnipresenti) cui si accompagna un indurimento nel sound delle chitarre, riprendendo in sostanza là dove “Midian” e “Damnation and a Day” ci avevano lasciato. Certo, nell’anno di grazia del demonio 2008, i fasti di “Dusk and Her Embrace” o “Cruelty and the Beast” non sono ormai che un retaggio del passato, così come il contributo apportabile da Dani Filth e soci al culto della Nera Fiamma è ormai paragonabile a quello offerto alla letteratura horror dalla collana de “I Piccoli Brividi”; ciò non toglie tuttavia che, nei più consoni e ristretti confini dell’extreme symphonic gothic metal, i nostri siano ancora da annoverare tra i migliori interpreti del genere, come confermato dai sessantasei minuti del qui presente platter. Tra episodi più tirati, dove a dettare legge è il doppio pedale del nuovo entrato Martin Škaroupka (“Shat Out of Hell”, la title-track), ed altri maggiormente ruffiani, in cui il buon Dani gigioneggia con la Vampirella oversize Sarah Jezebel Deva (“The 13th Caesar”, “The Death of Love”), il quintetto albionico inanella dunque una serie di ottimi pezzi (degne di nota anche le due lunghe suite “Midnight Shadows Crawl to Darken Counsel with Life” e “Darkness Incarnate”), il cui peso specifico viene ulteriormente accresciuto da una ritrovata vena sinfonica che temevamo ormai perduta e dalla sempre potentissima produzione targata Andy Sneap. Insomma, lo abbiamo già detto e ci ripetiamo: non ci troviamo al cospetto di un capolavoro assoluto, ma di un comeback finalmente all’altezza della fama di quella che resta una delle band più amate/odiate della scena metal odierna. I fan della media ora – ma probabilmente anche qualcuno della prima e molti dell’ultima – apprezzeranno, mentre chi non li ha mai sopportati non cambierà certo idea ora: loro, incuranti di tutto, sono ancora qui. E noi, ora più che mai, non possiamo che essergliene grati.