7.5
- Band: CRAVEN IDOL
- Durata: 00:41:24
- Disponibile dal: 23/07/2021
- Etichetta:
- Dark Descent
- Distributore: Audioglobe
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Fa piacere constatare come si possa suonare ancora oggi extreme metal ruvidissimo, barbarico, senza dover scadere nel caos fine a se stesso e basarsi soltanto sull’ignoranza e gli istinti. Caratteristiche che non ci danno fastidio, attenzione, solo che meritano di accompagnarsi a un estro strumentale di rilievo, a delle idee compositive un poco più elaborate. Quando sono addirittura ‘molto’ elaborate, come accade per i Craven Idol, allora le cose girano proprio bene! I londinesi avevano già catturato la nostra attenzione col precedente “The Schakles Of Mammon”, adrenalinico concentrato di black/thrash/death spiritato, suonato con ottima tecnica e caratterizzato da un songwriting assai movimentato, nient’affatto rigido o stereotipato. Con “Forked Tongues” la compagine albionica sale di livello, in una progressione ammirevole, che si dipana alle nostre orecchie pure all’interno del disco stesso. Il full-length, infatti, pare costruito per rappresentare l’evoluzione della band, da ambientazioni più primitive e ruvide, a uno sfoggio di epicità mortuaria grondante sangue e gloria, inalate a pieni polmoni nelle colossali due tracce finali.
Già in avvio, comunque, non si lesina quanto a energia e qualità strumentali, perché “Venomous Rites” potrebbe essere l’ideale sunto dei più ferali approcci extreme metal degli ultimi decenni: stridori e selvagge cariche all’arma bianca degne dei primissimi Slayer, i morbosi moti convulsi degli anni ’90, il gusto per la complessità e la tensione fiorito nei 2000. Fino ad oggi, dove dialoghi chitarristici di scuola classic metal irrompono gladiatori anche nei contesti più feroci come questo, scompongono le tracce in tante piccole sezioni, danno slancio e accentuano contenuti di una violenza pur sempre inaudita e fuori controllo. Con “Wrath Of Typhon” è chiara la direzione del quartetto, teso a dare una sua reinterpretazione dell’epos, attraverso marce trionfali incastonate tra fraseggi thrash e death di pregevole fattura. Convergono e si danno una mano con esaltante spirito collaborativo spunti di thrash impazzito, genuinamente satanico, e pulsioni verso una materia metallica elaborata, a volte pure sinuosa e composita.
Il lavoro chitarristico si distende allora tra sfoghi impulsivi dolorosissimi e armonizzazioni solenni, la maestosità prende il sopravvento, prendendo il posto di andamenti tambureggianti e attacchi alla giugulare. Anche il basso si prende le luci della ribalta, uscendo dal cono d’ombra delle chitarre per proporre partiture fuori dal coro, come si usava nel techno-death di una volta. Al crescere del minutaggio, va di pari passo la confidenza dei Craven Idol con certe soluzioni, l’epos si ingrossa, la potenza si espande in un terremoto costante, rumoroso, la ricchezza emotiva trascende i confini di genere, per portarsi a una riuscita ibridazione di black, thrash e death in un coacervo di razzie tanto brutali quando inquietanti. Dovessimo indicare un nome da accostare ai Craven Idol, andremmo sicuri sui loro concittadini Lvcifyre, coi quali competono nell’evocazione di un immaginario satanico e sanguinolento; rispetto a loro, gli autori di “Forked Tongues” vantano un approccio più vicino al thrash che al death/black, mentre sul piano delle atmosfere, i punti di contatto sono numerosi. Siamo in presenza di un’uscita per metallari legati alla tradizione, nei suoni e nell’immaginario, ma che hanno allo stesso tempo a cuore le evoluzioni recenti e amano farsi (relativamente) sorprendere. Assassini di classe.