6.0
- Band: CRAVING TERROR
- Durata: 00:37:13
- Disponibile dal: 09/03/2013
- Etichetta:
- Jetglow Recordings
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
I patavini Craving Terror esordiscono sulla lunga distanza con questo “Colony Collapse Disorder”, feroce platter di death-core di penultima generazione con vasti e solidi richiami al metallismo sincopato e pure contaminato degli Slipknot di vecchia data, soprattutto quelli dei primi due lavori. Nato nel 2009, il sestetto veneto interpreta abbastanza bene il proprio genere d’appartenenza, accusando diversi limiti nel campo della personalità – ma siamo solo al debutto, in fin dei conti – e difettando qua e là anche di qualità. Discorso a parte merita, purtroppo, la produzione, non malvagia ma certamente non all’altezza degli elevati standard odierni, sempre per quanto riguarda il genere in questione, spesso iper- e over-prodotto; con “Colony Collapse Disorder” ci si assesta su livelli più underground e, se da una parte ciò ammanta di genuino il lavoro, dall’altra ne fa perdere un po’ di appeal internazionale. Coraggiosi i Craving Terror – e qui si difetta in personalità soltanto perché non sono i primi a provarci – nel volere sperimentare (e tanto!) con l’elettronica, l’effettistica e quant’altro, lasciando volutamente perdere termini quali dubstep, hip-hop o rap, in quanto ormai decisamente sdoganati, soprattutto gli ultimi due, anche in ambito metal. Il lavoro di Paolo Passalacqua, l’addetto all’elettronica/tastierista, ci pare buono ma sicuramente è anche l’ambito del suono Craving Terror da ispezionare più a fondo e con cautela nel prossimo futuro; così come anche l’estemporanea influenza funky-jazz contenuta nella divertente “Tony’s Trip”. Ritmiche thrash, breakdown mosh, violenza gratuita e ben incanalata, la voce di Mattia Zambon bella incazzata: più o meno è tutto a posto in “Colony Collapse Disorder”, fra l’altro dotato di una fra le cover più apprezzabili dell’anno in corso, almeno da chi scrive; come accennato sopra, però, la qualità dei brani non è eccelsa e nessuno di essi spicca sopra il resto, uniformando un po’ verso il basso il valore intrinseco dell’opera – e quindi anche il voto. Ci sono parsi interessanti alcuni approcci all’hard-rock più energico, più che altro in sede di riffing, ad esempio in “King Of Impostors” e in “Seed Of Pestilence”, mentre da bocciare è il chorus della stessa prima traccia menzionata ora, un ritornello semi-clean, cantato dal vocalist dei The Wankerss, che c’azzecca veramente poco con lo stile dei Craving Terror. E’ sufficienza piena e forse qualcosina in più, ma onestamente non ce la sentiamo di dare il mezzo voto pieno in più. Ampi margini di miglioramento, comunque, per i Nostri. Forza e coraggio!