6.0
- Band: CRESCENT
- Durata: 00:57:58
- Disponibile dal: 30/07/2021
- Etichetta:
- Listenable Records
- Distributore: Audioglobe
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Giunta al terzo album, la band di origine egiziana prova a consolidare il proprio sound con l’intento di risultare altamente personale: un black metal melodico, con tinte death, abbondantemente ricco di riferimenti a quell’‘egypt sound’ che in moltissimi hanno imparato ad amare grazie a maestri come Nile e Melechesh. Nei Crescent, però, a differenza delle band di riferimento, l’intreccio con le ammalianti sonorità della terra del Nilo non sono semplicemente un elemento di caratterizzazione in fase compositiva (riversandosi poi nelle tematiche dei testi): è infatti evidente la ricerca di una vera atmosfera, dove un sound molto variegato possa trascinare l’ascoltatore in un mood oscuro e bellicoso, drammatico e violento, prediligendo spesso una connessione a magisteri apparentemente distanti, come quello dei Dissection, Naglfar, ma anche Entombed e Bolt Thrower (non a caso Dissection e Bolt Thrower vengono opportunatamente omaggiati con le cover di “Xeper-I-Set” e “… For Victory” poste in conclusione del disco come bonus track).
Insomma, in questo “Carving The Fires Of Akhet” non c’è una qualche ricerca ossessiva delle melodie dal sapore egiziano, ma al contempo, nel nucleo di riff estremi e complessi che connotano ogni brano, è sempre possibile rintracciare qualche elemento proveniente da quella tradizionale musicale, anche se in modo mai troppo esplicito. Questo è senza dubbio l’aspetto più interessante nell’operazione messa in atto dai Crescent, che riescono a fuggire da ogni stereotipo, prediligendo una libertà compositiva nella quale emergono vagheggianti e sotterranei riferimenti a quella sorta di musica ulteriore, antica, remota. Esempi molto interessanti in tal senso sono la opener “The Fires Of Akhet” e l’intensa “Imprecations Upon Thy Flame”, dove più che i Nile il grande riferimento sembrano certi primi Death e, in alcuni momenti, anche Carcass e Arch Enemy – con il sacro spettro di Jon Nödtveidt sempre presente.
Indubbiamente, dunque, si tratta di un album con margini di interesse, che però, in ultima analisi, paga alcune scelte ed è indebolito da un potenziale mai realmente espresso. Un punto dolente che appare evidente sin dai primi ascolti è la produzione troppo ‘di mestiere’, identica a quella di troppi altri dischi circostanti. Ma il vero aspetto critico inizia a conformarsi quando ci si rende conto che ogni brano risulta troppo lungo, ingiustificatamente, dato che la sensazione è che non stia succedendo nulla di davvero rilevante se non uno sciorinare buoni riff, sostenuti da un’esecuzione ritmica ottima che però non può certo non definirsi derivativa. Momenti come “Moot Set Waas” e “Drowned In Theban Blood” suscitano un vago interesse proprio perché caratterizzati da alcune idee in fase di arrangiamento in grado di interrompere una sorta di flusso sonoro nel quale nulla mai emerge concretamente.
Certo, sarebbe ingiusto definire “Carving The Fires Of Akhet” come un lavoro soporifero o del tutto inefficace in toto (anche se brani come “Serpent Of Avaris” lo sono): ma al contempo risulta molto difficile considerarlo un disco nel quale si torna volentieri, dato che, in sostanza, non ci sono brani o frangenti in grado di creare un qualche scossone. E questo è un peccato, perché l’approccio dei Crescent è senz’altro originale, in potenza capace di scardinare alcuni stereotipi musicali, ma purtroppo, in questa fase, davvero ancora troppo acerbo e fine a se stesso.