7.5
- Band: CREST OF DARKNESS
- Durata: 00:39:12
- Disponibile dal: 06/12/2019
- Etichetta:
- My Kingdom Music
- Distributore: Audioglobe
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Ingar Amlien, coi suoi Crest Of Darkness, è sempre stato funestato da una notevole discontinuità: uscite molto buone (da “The Ogress” del 1999 all’ultimo “Welcome The Dead” del 2016) ad altre piuttosto piatte e poco ispirate (“In The Presence Of Death” o “Evil Knows Evil”), ma – anche nei momenti migliori – non sono mai riusciti a superare quello stato di band di secondo piano, nonostante anno di formazione (1993) e origine (Gjøvik, nella Norvegia più boschiva) fossero una garanzia per una band dedita al black metal. Eppure, incurante di tutto, il vecchio Ingar non si è mai dato per vinto e, specie negli ultimi anni, si è rivelato anche piuttosto prolifico, pur continuando a soffrire di quella discontinuità cui accennavamo. La domanda, quindi, che ci si pone davanti a un nuovo lavoro dei Crest Of Darkness è sempre la medesima: “sarà un disco di quelli buoni o uno di quelli che si dimenticano dopo tre passate nel lettore?”. Questa volta, invece, la band norvegese è riuscita a stupirci davvero. “The God Of Flesh” ci regala un gruppo in gran forma, con un songwriting finalmente più che convincente; probabilmente una formazione finalmente stabile ha giovato, ma è innegabile la qualità del generale (“The Spawn Of Seth”) così come una certa voglia di sperimentare (“Endless Night”); anche gli arrangiamenti sono ben confezionati, permettendo cambi di atmosfera in modo naturale. La voce è, come sempre, più che all’altezza del suo compito nello scream, ma questa volta possiamo notare una notevole capacità interpretativa anche nelle parti pulite/recitate. L’uso delle tastiere di Kristian Wentzel (non ufficialmente membro della band, ma anche lui ormai presente in pianta stabile) è notevole, anche nell’intermezzo strumentale “Forgotten” che risulta decisamente macabro e sinistro. La capacità di fondere black metal e momenti vagamente classic metal (“Euthanasia”) è notevole e ben seguita dalla produzione che ben cambia i suoni da distorsioni classiche a suoni più “sporchi”, tipici della scuola norvegese. L’esempio principe è “Blood”, forse il pezzo migliore del disco, in cui la fusione è riuscitissima, con passaggi dalle vaghe reminiscenze epic/doom che sfociano in midtempo tipicamente black, così come nell’incipit in palm-mute di “Goddess Evil Eyes” e nella sua esplosione uptempo o nella conclusiva, pandemonica “Salvation In Hell”, in cui si sente addirittura un synth dalle reminiscenze settantiane. Non possiamo che essere felici di questa uscita che, siamo certi, farà la felicità di molti blackster e ci auguriamo che, finalmente, i Crest Of Darkness raccolgano quello che, con perseveranza, hanno seminato in più di un ventennio, perché questo “The God Of Flesh” è davvero un disco riuscito che, per una volta, rende giustizia ai proclami altisonanti fatti da band e label negli ultimi mesi. Dal 1997, data di uscita del primo full-length “Sinister Scenario” a oggi, ne è passato di tempo, ma finalmente Ingar Amlien è riuscito a esprimere il suo potenziale e a scrivere un disco che merita tutta l’attenzione degli amanti del black metal.