CRIPPLED BLACK PHOENIX – Bronze

Pubblicato il 23/11/2016 da
voto
7.5
  • Band: CRIPPLED BLACK PHOENIX
  • Durata: 67:40
  • Disponibile dal: 04/11/2016
  • Etichetta:
  • Season Of Mist
  • Distributore: Audioglobe

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Sesto tassello discografico full length per la formazione di Justin Graeves, che sancisce il primo album della seconda decade di vita del progetto firmato Crippled Black Phoenix, di cui ormai è legalmente unico ed indiscusso leader (dopo la battaglia legale col chitarrista fondatore Demata) e ancora una volta ci troviamo, seppur con ancor più ampia divagazione sonora, a cavallo tra innumerevoli fonti e generi d’appartenenza, come ormai marchio di fabbrica della band dal primo “A Love of Shared Disaster” de 2007, tra un prog rock di ampio raggio e un post rock di lunghe digressioni strumentali. “Dead Imperial Bastard” inizia come un brano shoegaze di synth ed elettronica conturbante, che sembra iniziare quel connubio di materiali che possono formare quella che è la lega del bronzo indicata nell’immaginario dell’album. E’ con “Deviant Burials” che il metallo si fonde al rame iniziale ed appaiono le chitarre distorte di tonalità quasi psychedelic doom, che si innestano sotto le voci eteree di Daniel Änghede. L’ombra di certo goth rock fa capolino in “No Fun”, lontana dalla memoria stoogesiana, in un concentrato di groove maledetto e progressioni di flanger che sembrano mareggiate costanti che si infrangono su territori notturni e in qualche modo ostili seppur carichi di un certo fascino suadente. Al centro del discorso troviamo uno dei momenti più accattivanti del disco, “Champions Of Disturbance (Pt 1 & 2)”, fluttuante tra il post-rock più evocativo, un prog-rock moderno ed un alt metal primi anni Duemila, che riesce a colpire per la sua miscela di chitarre, tastiere e pattern ritmici che colpiscono fin dal primo ascolto, quasi tra Tiamat, Spock’s Beard e Mogwai con picchi di vocoder di gusto art rock più sbarazzino. La seconda parte del disco risulta sviluppata su una forza strutturale sicuramente più forte e coesa, riuscendo a mantenere un’attenzione sempre sul gradino più alto e sancendo pur sempre una costante ricerca di sperimentazione e l’ampiezza di soluzioni cui i britannici hanno sempre abituato. Belinda Kordic (già compagna negli interessanti Se Delan) appare a rimescolare le carte sonore in tavola e ad offrire, in “Scared And Alone”, una mirabile prestazione della band, soprattutto in abbinamento alla chitarra di Jonas Stålhammar, elemento fondamentale per la riuscita di “Bronze”. Soluzioni di impatto diretto, come la floydiana “Turn To Stone” (favolosa cover di Joe Walsh) arrivano senza fronzoli ad un canone qualitativo decisamente impeccabile mentre altre, come “Winning A Losing Battle” e “We Are The Darkeners” risultano la summa dei Crippled Black Phoenix di nuova generazione. L’album riesce ad amplificare il lavoro di “New Dark Age” in maniera complessivamente più controllata, in quasi settanta minuti di reminescenze stoner psych Black Sabbath style, interludi Pink Floyd (ampiamente proseguendo il discorso di “Echoes” rivisitato precedentemente in “New Dark Age”), derive Swans e art rock, gusto e tecnica, per impostare ancora una volta il loro nome tra le band di culto di una scena ampiamente trasversale ma capace di entusiasmare i palati più distanti e pur sempre capaci di apprezzare lavori come questo, in cui suono, composizione, struttura ed effetto finale hanno un bilanciamento perfettamente stabile ed impeccabile.

TRACKLIST

  1. Dead Imperial Bastard
  2. Deviant Burials
  3. No Fun
  4. Rotten Memories
  5. Champions Of Disturbance (Pt 1 & 2)
  6. Goodbye Then
  7. Turn To Stone
  8. Scared And Alone
  9. Winning A Losing Battle
  10. We Are The Darkeners
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