6.5
- Band: CROMLECH (CAN)
- Durata: 01:08:45
- Disponibile dal: 03/03/2023
- Etichetta:
- Hessian Firm
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L’amore per i concept album, o comunque per le canzoni a tema, è una costante di tutto il nostro universo metallaro, che si riflette in tutti i generi esistenti. Nel caso dei canadesi Cromlech, l’amore per determinate tematiche facenti parte del nostro immaginario si espande all’inverosimile, forse anche troppo. “Ascent of Kings” è la seconda prova in studio per il quintetto, dopo ben dieci anni dal debut, ed è un chiaro tributo alla parte che ammicca di più alla musica classica e alla scuola doom dei Candlemass era “Tales Of Creation”. Già solamente l’iniziale “Cimmeria” dura ben quattordici minuti e in tutto l’album non c’è un’unica canzone che stia sotto ai sei minuti di durata. Sebbene tutto questo sia molto affascinante e dia la possibilità alla band di testare diverse forme e influenze – come la parte quasi slayeriana di “False Peace/Total War” o la tranquillità di “Patria” – la formula non riesce a convincere fino in fondo l’ascoltatore. Questo perché, secondo noi, ci sono troppi livelli e troppe stratificazioni messe una sopra l’altra: il violino, il violoncello, il canto lirico, le parti acustiche. C’è insomma qualcosa di troppo che alla fine inficia sulla fruibilità dei pezzi, rendendoli esageratamente arzigogolati o comunque un po’ troppo ambiziosi, anche se il finale con la traccia che dà il nome al disco (completamente strumentale) e la tolkieniana “Turambar (Master Of Doom/By Doom Mastered)” alzano un pochino il livello, con una simpatica citazione al tema di Barad-dûr, dalla colonna sonora di Howard Shore della trilogia cinematografica di Peter Jackson. La scelta, poi, di alternare canto normale e voce baritonale in stile opera lirica di Kevin Loghnane toglie spessore a quello che poteva, viste le premesse, essere un disco rivelazione, e che invece finisce per essere vittima della sua stessa raffinatezza compositiva e stilistica. Peccato, insomma: in un’epoca dove finalmente l’epic metal si sta rialzando piano piano, questo disco non sfigura troppo e potrà magari costituire una chicca per appassionati duri e puri del genere, ma per altri potrebbe finire solo per risultare indigesto.