7.0
- Band: CROWN THE EMPIRE
- Durata: 00:50:52
- Disponibile dal: 18/07/2014
- Etichetta:
- Rise Records
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Non particolarmente invogliati dalla copertina a dir poco agghiacciante, ci avviciniamo a questo secondo lavoro dei giovincelli del Texas incuriositi e a mente lucida, scacciando via tutti i preconcetti che hanno accompagnato la band americana dal proprio debutto (ovvero di gruppo di “raccomandati” il quale deve il proprio successo ad una proposta metalcore/post-hardcore facilona e ad un insieme di bei faccini e capelli alla moda), anche se, onestamente, tutto l’ hype che ha avuto, perlomeno in America, il precedente “The Fallout” ci è sembrato francamente eccessivo, data la qualità tutto fuorché sbalorditiva del materiale proposto dai ragazzi, all’epoca nemmeno maggiorenni. I Nostri si divertono molto coi concept album, affrontando prima una storia d’amore travagliata all’interno di uno scenario apocalittico nel precedente “The Fallout” del 2012, ed andando oggi a raccontare di una band di ribelli che combatte il sistema all’ interno di uno scenario distopico, il tutto tessendo il loro metalcore melodico con trame barocche e teatraleggianti, quasi da musical. Incominciamo subito col dirvi che il sound “leccato” è il vero fiore all’occhiello del combo texano. Le nostre orecchie vengono ammaliate da una produzione letteralmente scintillante – opulente orchestrazioni, cori di voci di bianche, synth e beats a profusione, voci effettate da dance hall e compagnia bella – che avrebbe potuto benissimo andare bene anche per un album di Rihanna. Il lavoro, dopo la intro di rito, comincia subito a mille con “Initiation”, pezzo sanguigno caratterizzato da un bel ritornello che sa come rimanerti in testa. Purtroppo la successiva “Millennia”, complice forse un piazzamento prematuro all’interno della tracklist, fa storcere un po’ il naso: parliamo di una ballata che neanche gli Escape The Fate più in botta da zuccheri si sarebbero mai azzardati a proporre. Questo può considerarsi l’unico neo di una tracklist altrimenti ricca di episodi (a volte anche molto) buoni. Infatti, dopo l’accoppiata vincente di “Machines/MNSTR”, pezzi melodici e al contempo energici che fanno divertire e si fanno ricordare – con i due cantanti Andy e David che ci percuotono e ci accarezzano a tempi alterni – troviamo “Maniacal Me”, “Bloodline” “The Phoenix Reborn” e specialmente la title track, che raggiungono dei livelli notevolmente alti con quelle loro cariche atmosferiche e teatrali che, francamente, ci hanno stupito in positivo. I ragazzi, dobbiamo ammetterlo, sono cresciuti. Sono riusciti a regalarci un album ricco di buon materiale, con qualche ottimo episodio capace di ampliare ancora di più il lato teatrale della band di Dallas non togliendo niente al fattore qualitativo. Davvero niente male per una di band di presunti “Poser”, un’altra rete a segno per la Rise Records.