7.0
- Band: CRUACHAN
- Durata: 00:58:06
- Disponibile dal: 18/04/2011
- Etichetta:
- Candlelight
- Distributore: Audioglobe
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Assieme agli inglesi Skyclad, gli irlandesi Cruachan vengono considerati tra i gruppi pionieri e fondatori del folk metal, oggi – come ben sapete – pane che spesso capita tra i vostri denti. Ma mentre l’ex band di Martin Walkyier si faceva influenzare da thrash e classic metal per sposargli sopra il folk, i nostri Irish metallers avevano come blocco di partenza il black metal pagano. Ebbene, dopo ben cinque anni di pausa dal penultimo “The Morrigan’s Call” ma soprattutto dopo il netto allontanamento dalle partiture aggressive che li avevano caratterizzati durante i loro primi anni di vita, con questo sesto “Blood On The Black Robe” i Cruachan tornano a suonare infine metal estremo, abbandonando per la via la vocalist Karen Gilligan e dandosi del tutto alla (ri)costruzione di un suono feroce, atavico e battagliero. Considerato il trend degli ultimi anni la mossa puzza un pochetto, ma ci fidiamo della buona fede della band di Dublino e tramandiamo ai posteri un lavoro che mescola per bene le carte in tavola del più standardizzato folk metal di stampo celtico. Le chitarre taglienti (“Pagan Hate”) e le ritmiche a volte esagitate (“Thy Kingdom Gone”) si fondono coi suoni del fiddle, del tin whistle, del bodhram, del bouzouki e delle pipes, per quasi un’ora di pagan folk black metal vario e appagante, nella quale brani evocativi e non particolarmente sostenuti (“An Bean Sidhe”, “The Column”) si appoggiano a cavalcate folkish divertenti ed eroiche (“The Voyage Of Bran”, “I Am Warrior”) oppure a musiche tradizionali dell’isola riviste in chiave pagan metal (“Brian Boru’s March”). La summa di tutto “Blood On The Black Robe” si condensa quindi in un platter che piace ma senza esaltare; che non aggiunge niente al folk metal in quanto tale ma che ne richiama bene le origini; che ci mostra dei Cruachan spiritati e veraci ma che pare anche arrivino con due-tre anni di ritardo per salire sull’onda tsunamica del carrozzone folk. Un disco valido, “Blood On The Black Robe”, che ci riconsegna a pieno titolo una formazione importante per la genesi e lo sviluppo del sottogenere. E’ chiaro che ora servono costanza d’intenti e buona ispirazione. E magari un Paganfest a caso…