7.5
- Band: CRUACHAN
- Durata: 00:52:02
- Disponibile dal: 24/03/2023
- Etichetta:
- Despotz Records
Spotify:
Apple Music:
Tempo di anniversari e novità in casa Cruachan, la band irlandese fra le pioniere del suono folk metal odierno, il cui storico “Tuatha Na Gael” (1995) ancor oggi viene considerato un disco capostipite del genere. Anniversari, in primis, perché nel 2023 la formazione di Keith Fay raggiunge gli agognati trent’anni di esistenza; novità, poi, considerando che gli isolani erano assenti dalle scene dal 2018 e ne tornano a calcare i fangosi ed impervi sentieri sotto una nuova etichetta, la svedese Despotz Records, e con una formazione quasi completamente rinnovata dal loro inossidabile padre-padrone.
Fay – principale compositore, voce, chitarre, tastiere ed una manciata di strumenti tipici – dopo aver incassato in piena pandemia le defezioni di praticamente tutta la penultima line-up, ha infatti richiamato al basso il vecchio batterista Joe Farrell, inserito un nuovo batterista, Tom Woodlock, e una immancabile violinista, Audrey Trainor (anche a viola e violoncello), silurando già, a fine registrazioni del disco qui recensito, quello che sarebbe dovuto essere il secondo chitarrista, David Quinn. Si potrebbe pensare che ci si trovi di fronte ad una nuova partenza per i Cruachan, ma in realtà il rompicapo è molto più semplice del previsto: gli irlandesi sono una certezza stilistica e “The Living And The Dead” è l’ennesimo lavoro della loro carriera a mostrarsi ben composto, piacevole, ispirato, appagante e divertente.
Forte del proprio solidissimo background culturale e musicale, il quintetto-ora-quartetto Irish ha lasciato da tempo le velleità più acustiche, melodiche e mainstream che ne avevano caratterizzato le gesta nei primi anni di vita post-debutto; da ormai tre dischi (ma comprendendo “The Living And The Dead” fanno quattro), Fay ha ri-orientato il suo operato verso una miscela di folk e metal estremo in dosi uguali, senza mai raggiungere vette rivoluzionarie ma mantenendo una qualità medio-alta derivante da un’ispirazione mai doma e carica di passione.
Con “The Living And The Dead” possiamo sbilanciarci dicendovi che si tratta del lavoro migliore di questa rinnovata parte di carriera dei Cruachan: un album che, come molti dischi maturi di band ormai longeve, estremizza i propri estremi trovandosi a grande agio sia nei momenti più docili, commoventi e introspettivi della musica del folklore irlandese, sia nelle partiture thrash-death metal, che qui in qualche tratto sforano addirittura verso concetti e sforbiciate black. In poche parole, la fusione tra le musiche agli antipodi che da sempre plasmano il suono Cruachan nel 2023 presenta a tutti gli effetti un’efficienza pressoché inattaccabile.
Le tracce sono parecchie ma la lunghezza resta accettabile e non tedia, tenuto conto che la varietà e i cambi d’atmosfera all’interno di “The Living And The Dead” sono frequenti. Un’influenza che riemerge prepotente dai solchi di questo lavoro e che più volte ci è sobbalzata in mente è quella dei Metallica, nei riff di chitarra più thrashy, così come in qualche approccio vocale – sentite in proposito l’ottima e ridondante ospitata di Vreth dei Finntroll nella riuscita “The Ghost”, oppure la seguente, e secondo singolo, “The Crow”. Arrangiamenti molto curati e dettagliati, fatti convogliare in una produzione finalmente perfetta per lo stile dei Cruachan, donano ricchezza e spessore ad un platter in grado di far scapocciare alla grande e contemporaneamente commuovere nell’arco di una cinquantina di minuti.
Entrando un attimo più a fondo nella tracklist, dopo la classica strumentale introduttiva da scorribanda sulle verdi colline, “The Living”, si arriva subito ad un’accoppiata d’eccezionale impatto – “The Queen” e “The Hawthorn” – con la prima ad esporre enfaticamente tutte le peculiarità dei Cruachan attuali, con un finalino sorprendente e di una violenza inaudita per Fay e compari; e con la seconda – peraltro edita come primo singolo ormai tempo addietro – che va ad evolversi epica e potente attraverso un mid-tempo cadenzato dalle ancestrali melodie. Anche la successiva “The Harvest”, con il suo tiro cinematico e molto ‘visivo’, prosegue bene le danze concedendosi qualche rimando ai più complessi finnici Turisas. Le già citate “The Ghost” e “The Crow” mantengono alta la tensione a centro platter, prima di giungere a “The Children”, una semiballata circolare in possesso di una strofa toccante, un ritornello esaltante e di un pathos invidiabile, per chi scrive il pezzo migliore del lotto. “The Witch”, dal sapore ancora a metà strada tra thrash e rock’n’roll (quindi Metallica), e la conclusiva, breve ed intensa, “The Dead” posano le ultime pietre dell’esperta costruzione di un dolmen di tempi antichi ma aggiornato a quelli moderni.
Un buon disco, dunque, buonissimo o ottimo per chi ancora non si è stancato del ripetersi tra loro insito nei dischi folk metal in salsa britannico-irlandese, croce e delizia dei Cruachan, in grado di conservare la propria fanbase ma che difficilmente, ormai, torneranno a comporre un vero capolavoro nel genere che hanno contribuito a creare. Comunque stolidi e trionfanti, il loro lo fanno egregiamente: verdi d’Irlanda che non muoiono mai.