7.0
- Band: CRUCIFIED BARBARA
- Durata: 00:40:03
- Disponibile dal: 12/09/2014
- Etichetta:
- Despotz Records
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Dall’alba dei tempi il rock viene considerato da buona parte della critica e del pubblico più oltranzista come un affare prettamente maschile. I fatti invece ci insegnano una lezione differente ed al contempo molto importante: quando il gentil sesso decide di buttarsi a capofitto in questa avventura molto spesso spedisce dietro alla lavagna i beceri detrattori, grazie a dischi di ottima fattura e concerti incendiari. Girlschool, The Runaways, Vixen, L7 e tante altre donzelle agguerrite hanno proferito con fierezza e buon gusto il verbo del rock al femminile. Ora però è giunto il momento che le nuove leve si facciano carico di raccogliere questa onerosa eredità, per far sì che la testimonianza lasciata dalle illustri colleghe non rimanga confinata come uno sbiadito ricordo del passato. Giunte al quarto album in studio, le Crucified Barbara proseguono con invidiabile tenacia il discorso inaugurato nel 2005 con “In Distortion We Trust”, peraltro portato avanti in maniera efficace nei due episodi successivi. Il nuovo capitolo ha preso forma nei Music A Matic Studios di Göteborg, grazie all’eccelso lavoro svolto in fase di produzione da Chips Kiesby (The Hellacopters, Millencolin), il quale ha coniato un sound moderno, nitido, fresco e potente. In questa occasione il quartetto di Stoccolma inserisce alcune piccole ma significative varianti in fase di scrittura, meritevoli di rendere “In The Red” un prodotto sufficientemente vario ed accattivante. Ci riferiamo in particolar modo al groove ‘panterizzato’ di “To Kill A Man”, episodio che narra con fervore il tema scottante della violenza sulle donne. “The Ghost Inside” viene invece avvolta da un’afosa atmosfera desertica, pennellata con calde e sapide cromature chitarristiche. Non mancano le consuete bordate ad alto impatto energetico profuse da “I Sell My Kids For Rock’N’Roll” e “Lunatic #1”, le quali peccano innegabilmente dal punto di vista della fantasia ma al contempo siamo pronti a scommettere che faranno sfaceli dal vivo. Le scandinave sono abili nel rimettersi velocemente in carreggiata, denotando un’invidiabile destrezza in fase di scrittura e di arrangiamento: virtù chiaramente palesate dalla grinta sfavillante profusa da episodi come “Electric Sky”, “Don’t Call On Me” e dalla title track. Il tutto viene legato dalla performance felina e spietata di Mia Coldheart, la quale non ammette alcuna concessione melliflua nel suo timbro vocale. Annotiamo infine qualche cedimento fisiologico nella parte conclusiva della tracklist, ma ciò non penalizza il risultato di un full length da ascoltare obbligatoriamente a tutto volume.