8.0
- Band: CRUEL FORCE
- Durata: 00:38:02
- Disponibile dal: 22/09/2023
- Etichetta:
- Shadow Kingdom Records
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È un autentico ritorno quello dei Cruel Force, assenti dal mercato discografico da oltre dieci anni. Dopo “Under The Sign Of The Moon” dei tedeschi si erano infatti perse le tracce (anche l’attività concertistica è ferma al 2011) almeno fino alla pubblicazione, lo scorso anno, del singolo “Across The Styx”. Cos’ha portato questo decennio? Innanzitutto un nuovo bassista, ma soprattutto un sound diverso: niente paura, per il quartetto di Mannheim gli anni ‘80 non sono mai finiti, anzi… potremmo piuttosto dire che il tempo per loro sembri scorrere alla rovescia rispetto al resto del pianeta.
Però, messe in buona misura da parte le influenze più grezze e proto-black metal (che tanto sapevano di Celtic Frost), i Cruel Force del 2023 si concentrano su uno speed metal tagliente e abrasivo ma anche attento alla melodia.
Le composizioni appaiono molto più curate rispetto al passato e il risultato si rivela vincente e di sicuro effetto: la breve strumentale “Azrael’s Dawn” – con le sue insolite suggestioni western – ci avverte subito che qualcosa è cambiato e la title-track, con il suo incedere thrasheggiante ce lo conferma; difficile non pensare ai primi Slayer (quelli acerbi e irresistibili di “Show No Mercy”), a certi Anvil o – pensando al presente – ai Destroyer 666, qui come sul resto del disco. E i riferimenti – musicali ed estetici – potrebbero continuare, sempre rimanendo nell’ambito di quell’heavy-thrash metal terremotante, tirato e ‘caciarone’ il giusto: borchie, pelle, spadoni e baffi a manubrio, i i Cruel Force incarnano alla perfezione un certo modo di intendere, vivere e suonare il metal. In più, hanno dalla loro un ottimo gusto in fatto di assoli e riff (che avevano già dimostrato, a livello più embrionale, nei lavori precedenti) e un’attitudine assolutamente credibile.
I pezzi migliori sono quelli che dimostrano uno sviluppo maggiore e più personale, come l’ottimo “Devil’s Dungeon”, col suo break centrale semi-acustico che profuma della NWOBHM più oscura, o la già citata “Across The Styx”, che ricorda i Mercyful Fate di fine anni ’80 e conquista grazie all’incedere trascinante e un bellissimo assolo. Citiamo ancora il lungo “Realm Of Sands” – forse il brano più ambizioso del lotto – che dimostra ancora una volta un livello di songwriting decisamente elevato e una buona ispirazione in fatto di melodie in generale ed heavy metal in particolare. E se in questo disco il cantato non è esattamente il punto forte del gruppo perché non troppo personale, benché comunque incisivo, le chitarre riescono a fare la differenza.
Un album centrato, godibile e che contiene alcune piccole perle, inaspettate quanto apprezzate: un plauso ai ragazzi tedeschi, che sembrano aver saputo sfruttare al meglio la lunga pausa discografica, trovando finalmente la propria dimensione all’interno di un filone che – seppur estremamente sfruttato – è ancora in grado di regalare ottime alchimie.