
5.5
- Band: CRYPTOPSY
- Durata: 00:47:07
- Disponibile dal: 29/05/2008
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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Dimenticate i Cryptopsy dominatori della scena death metal, responsabili di alcuni dei migliori album che questo genere musicale abbia partorito in tutta la sua storia. Dimenticate “None So Vile” e “And Then You’ll Beg”. Dimenticate quel sound sempre all’avanguardia, convulso, tecnicissimo, disumanamente violento. I Cryptopsy nel 2008 sono un’altra band. Il fenomenale batterista Flo Mounier è sempre al comando, ma attorno a lui la lineup è cambiata tante, troppe volte in questi anni. Il colpo più duro è senz’altro stato l’abbandono del chitarrista e principale compositore Jon Levasseur nel 2005. Una perdita grave, che il gruppo, in verità, riuscì a cammuffare piuttosto bene con il valido “Once Was Not”, disco che vedeva anche il ritorno del mitico Lord Worm dietro al microfono. Ora però, giunti all’appuntamento con la riconferma, i Cryptopsy dimostrano di aver finito del tutto le cartucce e toppano clamorosamente, arrivando persino a mettere a repentaglio una credibilità e una reputazione costruita in ben sedici anni di dura gavetta. Lord Worm, come noto, non è più della partita e al suo posto la band ha reclutato Matt McGachy, frontman degli sconosciuti 3 Mile Scream. Il suo innesto in formazione coincide con un pesante cambio di direzione a livello stilistico, che vede i Cryptopsy rompere quasi del tutto con il passato e cimentarsi in una sorta di moderno death-core contaminato da diverse influenze, tutte comunque lontane dalla matrice originaria del sound dei nostri. L’attacco del disco spiazza ma, a dire il vero, non turba più di tanto: “Worship Your Demons”, “The Headsmen” e “Silence The Tyrants” sembrano a tratti il parto di una versione sbiadita dei primi Ion Dissonance, tuttavia sono pezzi heavy e veloci, che in qualche passaggio possono anche ricordare certe cose dei vecchi album. E’ nella parte centrale che si ingoiano i veri bocconi amari… “Bemoan The Martyr” su tutti. Il pezzo attacca con dei sample e del parlato interlocutori, per poi diventare un midtempo in stile Deftones con tanto di voce pulita che ha dell’agghiacciante! Qui il problema, in verità, non è poi tanto l’influenza dei Deftones, bensì il modo in cui questa idea è stata concretizzata. Le linee vocali di McGachy in questo caso risultano a dir poco sgraziate e irritanti e la musica sembra essere stata confezionata dalla cover band più sgangherata del gruppo di Chino Moreno. Non va certo meglio con “Leach”, che a sezioni thrasheggianti e pseudo-death alterna un chorus pulito vicino agli ultimi In Flames, nel quale McGachy pare persino imitare la voce nasale di Fridèn. Questa parte centrale-incubo si chiude quindi con “The Plagued”, praticamente il frutto di una jam session con protagonisti un gruppo screamo e uno thrash-death. Pazzesco. Il resto della tracklist ritorna prevalentemente su quelle coordinate death-core canadesi dei primi brani, ma qua e là ci sono comunque da segnalare alcuni ulteriori interventi di clean vocals. Queste ultime non dispiacciono più di tanto solamente nella lunga “Bound Dead”, visto che almeno vengono usate su dei rallentamenti sensati, ma di certo non stiamo parlando di soluzioni memorabili. In definitiva, con “The Unspoken King” i Cryptopsy hanno praticamente voluto cambiare tutto… e hanno azzeccato poco o niente! Non critichiamo a priori la scelta di “evolversi” (anche se, considerato qual è il trend del momento, quest’ultima puzza un po’)… come detto per “Bemoan The Martyr”, è il modo in cui la decisione è stata attuata a non convincere. Non vi è traccia della sfavillante personalità di un tempo, molti brani sono inefficaci o, più semplicemente, bruttini, gli esperimenti sono audaci sulla carta, ma danno tutti risultati imbarazzanti. I Cryptopsy ci hanno provato, ma è evidente che non abbiano le doti nè l’esperienza per maneggiare decentemente questi tipi di musica. Come si suol dire, a ognuno il suo mestiere.