7.5
- Band: CURSETHEKNIFE
- Durata: 00:28:02
- Disponibile dal: 08/09/2023
- Etichetta:
- New Morality Zine
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Approcciarsi a un disco come “There’s A Place I Can Rest” dei Cursetheknife può talvolta trascendere la normale esperienza di ascolto, proiettandoci nell’universo umano e percettivo di questi musicisti, che ci conducono, traccia dopo traccia, lungo una narrazione pregna di storie di vita vissuta. Concepito per buona parte nel corso dei lockdown innescati dalla pandemia, il nuovo album degli statunitensi, successore del fortunato disco di debutto “Thank You For Being Here”, è un altro concentrato di shoegaze, alternative e post hardcore dai toni languidi. Nonostante venga spesso sorretto da un lavoro di batteria deciso e da un suono di fondo che concede ampio spazio a distorsioni rumorose, la proposta del gruppo originario dell’Oklahoma si conferma un susseguirsi di emozioni sommesse, con la morbida voce di Severin Olsen chiamata spesso a prendere le redini di una malinconia che traspare a più riprese dall’impianto strumentale e che a volte sembra a tutti gli effetti lottare contro il dolore di quei giorni terribili.
L’amore viscerale dei Cursetheknife per formazioni come Hum e Failure emerge regolarmente, con i quattro che vanno a recuperare stilemi inerenti alla migliore tradizione space rock, a base di chitarre che procedono nel disegnare linee frastagliate, mentre ai bordi la band si distingue per la meticolosa attenzione ai dettagli sonori, l’uso vivace dei pedali e dell’effettistica per chitarra e l’ampio sound design complessivo. Certe bordate sonore più affilate richiamano pure i Deftones, ma “There’s A Place I Can Rest” sa anche spingere nella direzione opposta, coniugando venature indie e soluzioni acustiche, vedi l’amarognola ballata conclusiva che dà il titolo al disco.
Ne esce un lavoro ricco negli spunti e negli approcci utilizzati, ma al contempo essenziale – nove tracce per una durata di nemmeno mezz’ora – costruito con grande attenzione ai dettagli, alle atmosfere, lontano dalla frenesia anche discografica dei nostri tempi. Quello dei Cursetheknife è un percorso di nostalgia e incertezza nel quale le sfumature dei contenuti testuali sono sottolineate da una musicalità duttile ed evocativa, che sa guardare ai classici tanto quanto a certe tendenze più recenti in materia di alternative ‘adulto’ (vedi i loro connazionali Nothing o il catalogo The Flenser). Un lavoro che nel complesso necessita di un ascolto approfondito, ma che sa anche regalare subito un paio di singoli particolarmente avvincenti e invogliare l’ascoltatore a ripetute fruizioni.