7.5
- Band: CWFEN
- Durata: 00:43:47
- Disponibile dal: 30/05/2025
- Etichetta:
- New Heavy Sounds
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Con il solstizio d’estate il buio ricomincia a guadagnare terreno, e ad annunciarlo ecco i Cwfen (da pronunciarsi ‘cowen‘), una formazione mista da Glasgow che ha recentemente trovato rifugio presso la New Heavy Sounds, etichetta già nota per le sue scorribande con Tenebra, Throne e Black Moth.
Pur partendo dalla medesima base doom, gli scozzesi si differenziano dai loro compagni di scuderia per un suono più incline a guardarsi intorno curioso, complice la presenza di Agnes Alder e la sua voce duttile, capace di abbracciare i diversi registri dell’oscurità.
Equamente diviso tra sinuose ballate e concessioni più ruvide al blackgaze, “Sorrows” si apre, dopo un breve frammento atmosferico, con “Bodies”, canzone che potrebbe appartenere al repertorio dei primi Dool ma ammantata di una sensuale veste post-punk, per poi rievocare il fantasma occult rock dei The Devil’s Blood in “Wolfsbane”, la quale invece serpeggia per sei lunghi minuti intorno ad un riff ipnotico.
Come scrivevamo in apertura, tutto il disco sembra concepito alla (tenue) luce di un crespuscolo incipiente, e ne sono esempi evidenti “Reliks”, un omaggio agli U2 di “New Year’s Day” e “Whispers”, probabilmente il pezzo più riuscito della scaletta, sospeso tra Joy Division ed il grunge più pensoso.
“Penace” riporta l’album in un territorio più vicino al gothic metal (a chi scrive il brano ha ricordato gli umbratili Chrome Waves di “A Grief Observed”), ma l’elettricità si placa nuovamente con “Embers”, che sfoggia una melodrammaticità invidiabile, vicina al repertorio degli Antimatter di “Leaving Eden”, con un ritornello che potrebbe fungere da emozionante singalong in fase di concerti, mentre la conclusiva “Rite” è l’occasione per Agnes Alder di mostrare la propria versatilità come cantante, tra scream e momenti melodici più marcati.
In definitiva, “Sorrows” è un debutto che non mancherà di suscitare interesse tra gli ascoltatori del doom più morbido, con un suono che per una volta riesce ad allontanarsi dai modelli tradizionali (Paradise Lost e primi Anathema su tutti) per tentare nuovi sentieri, ugualmente riflessivi.
Se i Cwfen riusciranno nell’impresa di affinare la scrittura senza cedere alla tentazione di suonare troppo accessibili, allora potranno essere dei nuovi, interessanti cavalieri oscuri.