7.0
- Band: DAEVAR
- Durata: 00:32:54
- Disponibile dal: 27/01/2023
- Etichetta:
- TLD Records
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Tedeschi di Colonia, questo trio si presenta al mondo con l’EP “Delirious Rites”, una buona mezzoretta di heavy doom decisamente lo-fi (la copertina del resto sembra anticiparlo), misticheggiante come i deliri durante un trip e assieme claustrofobico e pesante.
Cinque brani sorretti dalla voce di Pardis Latifi (anche al basso), eterea e ipnotica, una chitarra acida come non mai e una batteria che batte dritta e pulsa come un cuore sotto un eccesso di sforzo. Un’attitudine che ci riporta agli Sleep, agli Electric Wizard più essenziali, non senza il tocco degli onnipresenti Black Sabbath nella ‘ricerca’ di un riffing basico, ripetitivo e con gusto minimale ma spesso azzeccato. Un altro accostamento che ci verrebbe fa fare, per stare su qualcosa di più contemporaneo, è con gente come Monolord e soprattutto i Windhand, anche se forse meno esasperanti. Insomma, un doom pesante, lento, di pancia, la cui componente epica è ridotta all’osso, così come una qualsiasi finezza tecnica è messa da parte per dedicarsi ad altro: si ricerca soprattutto un senso di oppressione, di dispersione sensoriale e sonora volta a far tremare lo stomaco degli ascoltatori. Un brano come “Leviathan” si dilata, sfianca, toglie quasi il respiro, ma riesce nell’intento di farsi ascoltare per tutti si suoi dieci minuti, disorientando con qualche vago addolcimento per poi inasprirsi nuovamente, così come l’ossessiva ripetitività di “Leila” o le ‘fughe’ arpeggiate di “Yellow Queen” impreziosiscono questo lavoro. Ogni canzone di questo “Delirious Rite” ha un asso nella manica, riuscendo a rimanere in testa con un motivo o un passaggio di chitarra particolarmente riuscito; eppure siamo comunque di fronte a una scrittura davvero minimale, con la band che sembra quasi cercare il contrario, ma per talento o predisposizione riesce comunque a far vibrare qualcosa con dei momenti che spiccano su altri – e questo gioca assolutamente a favore dei tre tedeschi che, con un pugno di note, riesce a farsi notare e a ben sperare per il futuro.
Un album che non potrà piacere in alcun modo a chi non ama questo frangente dell’heavy metal, ma che farà felici qualsiasi fruitore di stoner – doom in cerca di un dualismo riuscito tra essenzialità e mortale pesantezza.