5.5
- Band: DAGOBA
- Durata: 00:40.20
- Disponibile dal: 18/02/2022
- Etichetta:
- Napalm Records
Spotify:
Apple Music:
C’è stato un periodo, non troppo tempo fa, in cui Gojira e Dagoba erano considerati la ‘nouvelle vague’ della musica estrema francese, anche se poi la storia è andata diversamente, almeno per i secondi. Se i primi sono infatti effettivamente diventati rapidamente tra i protagonisti più quotati degli ultimi anni, pur senza dover scendere a troppi compromessi, viceversa la band marsigliese non è mai riuscita a sfondare veramente, nonostante un valzer di etichette (sei in otto album) e una formula sulla carta più accessibile. Approdati alla corte della sempre più potente Napalm Records, i quattro galletti ci riprovano ancora nel segno di un modern metal basato sull’unione di riff ultracompressi e loop elettronici: di fatto l’ideale colonna sonora di uno scenario cyber-punk come quello nel video di “The Hunt” (evidente omaggio a film come “Blade Runner” e “Total Recall”), singolo di lancio che, nel bene e nel male, riassume lo spirito del disco. Nel bene perchè è innegabile la potenza sprigionata dal mastermind Shawter e dai suoi compagni di ventura – oltre al chitarrista Richard De Mello, unico superstite del precedente “Black Nova”, la nuova sezione ritmica è formata dal batterista Theo e dal bassista Kawa Koshigero; nel male perchè la parte più soft appare un po’ forzata, con delle voci pulite non perfettamente a fuoco e spruzzate di elettronica poco sviluppata. Pregi e difetti amplificati dalle successive “Sunfall” e “Bellflower Drive”, strumentalmente discrete ma affossate ancora da clean vocals all’insegna del ‘vorrei ma non posso’. Paradossalmente le cose migliorano con la rockeggiante “On The Run”, dove la presenza di una controparte femminile e l’assenza di scream rende più fluida la timbrica del frontman; similmente dopo l’omonimo break strumentale pezzi più lineari come “City Lights”, “Nightclub” o “Summer’s Gone” fanno guadagnare qualche punto grazie ad un maggior utilizzo dell’elettronica, che li fa somigliare ad una versione un po’ più cattiva degli Skillet. Per gli appassionati del modern metal fatto di riff pestoni ed elettronica, senza stare a scomodare i padrini Fear Factory, meglio comunque dare una spolverata digitale alla discografia di Raunchy e Mnemic.