8.0
- Band: DAMMERCIDE
- Durata: 00:56:40
- Disponibile dal: 09/02/2020
- Etichetta:
- FusionCore Records
- Punishment 18 Records
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Dammercide, da Vercelli. Un nome, una band ed una storia che forse, ad alcuni di voi, non risulteranno completamente nuovi ed inediti; ad altri, certamente, il monicker del gruppo piemontese suonerà del tutto indifferente, come succede alla maggior parte delle creature musicali oggigiorno approdanti su di un mercato saturo di dischi e di uscite dalla dubbia utilità. In questo secondo caso, ecco, vi invitiamo calorosamente a sconfiggere subito la diffidenza iniziale e a dare un’entusiasta chance a questa compagine nostrana, composta da musicisti ottimi che da anni, chi più chi meno, sono attivi nelle scene regionali, nazionali e anche internazionali, ed in grado di sfornare un disco altamente competitivo in ambito progressive-technical metal.
Ad oggi “The Seed”, tale il titolo dell’album del comeback discografico dei Dammercide, è disponibile solo in formato digitale tramite la FusionCore Records, etichetta gestita dalla stessa band, ma possiamo rivelarvi fin da ora che la versione fisica verrà promossa dalla Punishment 18 Records non appena sarà passata – o si sarà allentata – la buriana della pandemia da Covid-19.
Facciamo un rapido excursus storico sull’altalenante carriera dei Nostri, nati nel 1994 e riusciti solo sei anni dopo (2000) a pubblicare il full di debutto “Link”, che nel 2020 non si può definire un oggetto di culto, ma sicuramente una perla dimenticata di techno-prog-death metal melodico di fattura piuttosto innovativa. Quando poi, nel 2002, la band si apprestava a registrare e pubblicare il successore “The Structure”, purtroppo arrivò l’improvviso split-up, che fece cadere nel dimenticatoio i vercellesi. Quindici anni dopo, però, la band si riunisce in formazione parzialmente rinnovata per suonare qualche data live, e nel 2019 l’attività riprende a pieno regime con la composizione del qui recensito prodotto e la presentazione della nuova lineup, un sestetto comprensivo di tre chitarre, basso, batteria e voce. In definitiva, dunque, ci troviamo ad ascoltare il secondo lavoro dei Dammercide a distanza di vent’anni dal primo, un lasso di tempo decisamente impressionante.
Ebbene, “The Seed” non suona affatto retrò ma, a testimonianza di una visione di metal all’avanguardia, calza benissimo per il periodo storico metallico in cui esce: trattasi infatti di un lavoro in cui il progressive metal più complesso e tecnico va a sposarsi benissimo con intrecci chitarristici melodici di altissima classe, ritmiche sempre ricercate e coinvolgenti e una prestazione vocale semplicemente sbalorditiva, prevalentemente in clean vocals, tanto che non è più accostabile il termine ‘death metal’ allo stile dei Dammercide. Il tutto scorre fluido, senza intoppi, senza cali di tensione, senza momenti morti e – anzi! – siamo al cospetto di un rarissimo caso in cui la seconda parte di tracklist alza l’asticella dell’entusiasmo in maniera prepotente, condensando nelle ultime quattro tracce – da “The Godfader” a “The Roots”, con menzione d’onore per la penultima “The Dance” – il meglio dell’intero platter, dove l’armonia ipnotica e rasserenante delle voci che si compenetrano con le tre chitarre e con l’alternanza di groove più o meno massicci raggiunge livelli realmente eccelsi. Fabio Colombi, il vocalist, già presente nell’ultima incarnazione dei Dammercide prima dello scioglimento, è un portento di versatilità ed interpretazione, capacissimo di infondere grande emotività ad una musica che pare fredda ai primi ascolti, ma che in realtà si tramuta in un crogiolo caldo e corroborante man mano che si procede con le fruizioni; le già citate tre chitarre di Fausto Massa, Enrico Benvenuto e Demetrio Scopelliti sono protagoniste in ogni dove, sia in sede di ritmica, sia di riffing, per non parlare degli assoli sparsi ad hoc lungo il corso del lavoro; Fabio Decovich al basso ed Enzo ‘Rotox’ Rotondaro alla batteria forniscono l’ottimo background di scena attraverso una solida e profonda performance di sostegno.
I Dammercide sono piuttosto personali, ma qualche riferimento possiamo darvelo, a grandi linee: Cynic, Atheist, Nevermore, qualche moderna formazione di progressive metal melodico (volete dire ‘djent’? Va bene, a tratti possiamo concedervelo), il Devin Townsend Project e le sue evoluzioni melodiche ed imprevedibili; oppure anche due entità agli antipodi ma che si sono presentate alle nostre orecchie in diversi frangenti: Into Eternity e i Vintersorg ‘difficili’ dei dischi del ritorno al cantato in svedese.
Insomma, con “The Seed” i Dammercide devono compiere l’ardua impresa di riuscire a farsi ascoltare e sentire il più possibile in un mercato, come già evidenziato sopra, saturo di materiale; ma con un tale materiale musicale a disposizione, il loro, sarebbe veramente un peccato che questo disco passasse inosservato ai più. Dategli un attento ascolto, ne uscirete soddisfattissimi!