7.5
- Band: DANTALION
- Durata: 00:39:33
- Disponibile dal: 08/09/2023
- Etichetta:
- Non Serviam Records
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Non si può certo dire che i Dantalion siano una band avara di uscite. Attivi dal 2004, il gruppo galiziano arriva, con “Fatum”, al nono capitolo di una discografia quasi ventennale.
Tutta la carriera del quintetto, seppur senza la presenza veri e propri capolavori, è caratterizzata da una costanza qualitativa ammirevole, e “Fatum”, prima loro uscita per Non Serviam Records, non fa eccezione.
Ecco quindi che si riparte da dove ci aveva lasciato il precedente “Time To Pass Away”, con il mix di black metal abbastanza tirato e atmosfere doom alla primi Katatonia, sempre con una grandissima attenzione alla melodia e agli arrangiamenti, che li avvicina per certi versi agli ultimi Mgla, ma con una vena vocale teatrale, allontanandoli dal classico screaming black metal. Ora, i Dantalion non sono certo diventati gli Arcturus, ma quel tono drammatico e carico di disperazione (vagamente avvicinabile ai Dødheimsgard) trasmesso dal cantante Sanguinis li rende molto meno scolastici.
La stessa produzione, molto più curata e pulita rispetto al passato, riesce a mettere in risalto l’ottimo lavoro delle chitarre, che, invece di limitarsi a propinarci un un riff dopo l’altro, creano un substrato melodico in continua evoluzione, dinamico e sorretto da una batteria quadrata ma efficace.
Le stesse linee vocali abbracciano il flusso emotivo di ogni pezzo e fungono talvolta da strumento aggiuntivo, facendo da contraltare alle melodie delle chitarre, come nella intensa “”Exu King Of Souls Omulu” o nell’opener “Gran Funeral Of Dawn”.
Sebbene quasi ogni pezzo si adagi principalmente su ritmi sostenuti, non si cade mai in un’eccessiva monoliticità e la velocità stessa viene utilizzata per aumentarne la componente emotiva, come in “Abyss Eating Serpent”, la quale riesce ad essere allo stesso tempo estrema ed atmosferica.
Il vero momento in cui i Dantalion lasciano libero sfogo a tutte le loro influenze è pero “Qayin Dominor Tumulus”, che infetta la profonda tristezza dei Katatonia di “Brave Murder Day” con un’attitudine più nera, tipica del black metal più depressivo.
Discorso simile si può fare per la cupa “Hades Vision”, che lambisce però lidi quasi burzumiani nella disperazione della voce, qua al suo picco di disagio.
Tutti i quaranta minuti di durata del disco sono un continuo susseguirsi di tensione e desolazione, il tutto veicolato attraverso una dialettica musicale che lascia solo sporadicamente qualche spiraglio di luce, quasi a illudere l’ascoltatore.
Nonostante questa mole di negatività, però, “Fatum” rimane un lavoro estremamente scorrevole e mai noioso, complice soprattutto una bravura compositiva affinata con gli anni, che lo rende un ascolto caldamente consigliato.