DARK CASTLE – Surrender To All Life Beyond Form

Pubblicato il 27/06/2011 da
voto
7.0
  • Band: DARK CASTLE
  • Durata: 33:49
  • Disponibile dal: 31/05/2011
  • Etichetta:
  • Profound Lore

Spotify:

Apple Music:

Il doom metal fino a poco tempo fa era sia contenitore che contenuto per i Dark Castle, il duo formato dalla strega e chitarrista-cantante Stevie Floyd e dall’ogre-batterista Rob Shaffer. Al secondo album la band della Florida già mostra una maturazione e un atteggiamento più da sperimentatori “post” che da band doom metal a tutti gli effetti e semi-esordiente, come in effetti è. Il doom metal dunque, pur rimanendo contenitore indiscusso della musica del duo, ha dovuto però “svuotarsi” e fare i conti con due musicisti evidentemente insoddisfatti e in perenne ricerca, e abbandonare così il suo ruolo anche di contenuto, lasciando spazio ad altre contaminazioni musicali che hanno permesso ai due doomster della Florida da un lato di fare i conti con la loro indole profondamente curiosa per tentare di placarla e soddisfarla, e dall’altro di “riempire” il loro sound con elementi nuovi. Il debutto “Spirited Migration” già volava alto, ma si affidava troppo ai cliché e alle caratteristiche più scontate e prevedibili del doom, invece di usarle come una piattaforma di lancio per una formula più particolare. “Surrender To All Life Beyond Form” invece fa dei Dark Castle una band post-metal a tutti gli effetti, che apre le fauci e si fa nutrire da contaminazioni di ogni sorta più o meno velate, che provengono più dal passato degli Eighties che da un qualsivoglia presente. Noise rock, post-punk e dark wave sono le principali contaminazioni che vanno a infettare il tessuto doom dei Dark Castle, restituendoci il duo in vesti praticamente inedite. Soprattutto la follia post-industriale degli Swans (come mostra l’ossessiva “Learning To Unlearn), sembra aver preso controllo degli snodi centrali del sound della band floridiana, e le neo-introdotte tastiere, i synth, e un’attitudine più ambient, e più violenta nelle atmosfere che nei i riff reali, ormai sembrano componente imprescindibile del loro sound. Non male come strategia, visto che la band è priva del basso e il wall of sound non sempre è un’opzione efficace. La title track che apre il disco usa – con le dovutissime proporzioni – gli stessi arpeggi dissonanti e decadenti dei Deathspell Omega. La successiva “Stare Into Absence”, con quei riffoni seventies e l’uso abbondante di synth e tastiere, ricorda i Minsk di “White Wings”, mentre il riff iniziale di “Seeing Through Time” ricorda incredibilmente l’inizio di “Leave Me Here” dei Cult Of Luna. Tutti segni inequivocabili che i Dark Castle stanno suonando di più, controllando il feedback, compattando i riff e affidandosi molto di più alle peripezie e alle melodie del post-rock e della psichedelia per trovare il loro nuovo baricentro musicale. Mirabile anche l’uso delle voci di Floyd, che finalmente mostra un orgoglio femminile quasi necessario, anzichè affidarsi unicamente ai growl “maschili” dell’esordio, che non facevano certo trapelare la presenza di una donna alla guida di questa band. L’album dunque mostra coraggio e intenzioni ben precise ma rende meglio l’idea e soddisfa di più se visto sotto l’ottica di un album di transizione piuttosto che di un vero e proprio  nuovo inizio, che, se tutto va come questo lavoro fa presagire, si compirà probabilmente con il capitolo successivo. L’incompiutezza del lavoro dunque è innegabile e palpabile, ma sembra anche essere giustificata e comprensibile, soprattutto se vista nell’ottica di una coraggiosa maturazione in atto. Le uniche critiche vere che si possono rivolgere al lavoro sono due, e di natura più tecnica: la prima è la presenza di troppi filler… “Create An Impulse”, “To Hide Is To Die”, e “Spirit Ritual” sono semplici tracce “rumorose” a base di chitarra acustica la prima, di synth la seconda e di mantra tibetani la terza, che non aggiungono nulla al lavoro e semmai lo frammentano solamente, riducendone la fluidità, soprattutto perché sono tre tracce su nove complessive. E’ una scelta, questa, che veramente troppe band fanno e che andrebbe evitata, perché il 99% delle volte queste tracce riempitive senza senso apparente “sporcano” solamente degli ottimi album con macchie inutili e compromettenti. La seconda nota dolorosa che va fatta riguarda la presenza degli ospiti nell’album, che dovevano essere un punto di forza e che invece si sono rivelati solo motivo di confusione. Mike Scheidt degli YOB, Blake Judd dei Nachtmystium, Nate Hall degli U.S. Christmas e Sanford Parker dei Minsk (che ha ovviamente prodotto il disco, ma che probabilmente si occupa anche dei synth), sono tutti presenti in veste di ospiti nel disco ma non si capisce bene dove, e la presenza dei suddetti musicisti non è ovvia per niente, e anzi molto velata e difficilmente individuabile. Peccato, perché era indubbiamente una sfilza di personaggi rispettabilissimi. Tante luci e qualche ombra insomma, ma il futuro dei Dark Castle sembra comunque del tutto luminoso.

TRACKLIST

  1. Surrender To All Life Beyond Form
  2. Stare Into Absence
  3. Create An Impulse
  4. Seeing Through Time
  5. Heavy Eyes
  6. Spirit Ritual
  7. To Hide Is To Die
  8. I Hear Wind
  9. Learning To Unlearn
0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.