7.5
- Band: DARK FORTRESS
- Durata: 00:58:09
- Disponibile dal: 28/02/2020
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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È da diverso tempo ormai che lo sforzo richiesto all’ascoltatore per metabolizzare un nuovo album dei Dark Fortress può dirsi considerevole. Dopo gli accecanti esordi di “Tales from Eternal Dusk” e “Profane Genocidal Creations”, da molti considerati delle gustose appendici del repertorio di Jon Nödtveidt e dei suoi Dissection, la band tedesca ha via via intrapreso un percorso artistico dedito all’accumulo e alla stratificazione, confezionando opere dal taglio irrequieto il cui significato e le cui potenzialità risultano sovente imperscrutabili di primo acchito, fra squarci di parossismo ritmico, nebulosi intarsi melodici e digressioni ottenebranti.
Ecco quindi che dedizione e pazienza diventano strumenti indispensabili nel momento in cui si decide di premere il tasto ‘play’ e venire a capo dell’amalgama sonoro distillato con puntuale accortezza da V. Santura e compagni, sebbene sulla carta il tutto si presenti in forma più digeribile e decifrabile rispetto alle proposte elitarie di altri colleghi; sono l’alternanza fra pieni e vuoti, il continuo irrigidirsi e distendersi delle trame, il dosaggio non scontato dei singoli elementi, a rendere opere come questo “Spectres from the Old World” dei piccoli labirinti in cui perdersi per giorni, nell’ottica di una proposta diventata con il passare degli anni caratteristica e influente per un certo tipo di underground (basti pensare a quanto prodotto in tempi non sospetti dagli Schammasch). Racchiuso fra gli estremi di un intro e di un outro dal sapore enigmatico, il disco si inserisce perfettamente nel solco stilistico tracciato nell’ultimo decennio, giocando sul sicuro ma ritagliandosi al contempo una propria personalità grazie a qualche accorgimento atto a fare la differenza, ora tradotto in un mood fantasmagorico e freddissimo (immortalato anche dai colori della copertina), ora in un’accentuazione dei rallentamenti e delle parti più pesanti, le quali arrivano persino a strizzare l’occhio ai Morbid Angel.
Dodici brani densi e ricchi di spunti, quindi, in cui un susseguirsi di riff ferali ma mai eccessivi, punteggiature di tastiere, impalcature ritmiche penetranti e arpeggi sibillini restituiscono una visione del black metal parimenti moderna e tradizionale, esaltata da una cura certosina a livello di arrangiamenti e di fluidità delle transizioni. E anche se, come nel caso dei precedenti “Venereal Dawn” e “Ylem”, qualche lungaggine poteva essere evitata, l’esperienza garantita da “Spectres…” difficilmente deluderà i fan del quintetto e gli appassionati delle sonorità estreme più trasversali e ricercate. I sei anni di attesa hanno dato i loro frutti.